4 Febbraio 2022

5 modi per ottimizzare la Customer Experience (e conoscere i tuoi utenti)

Customer Experience, User Experience, Ottimizzazione, SEO, SEM, Digital Analytics...
Il mondo del digitale è pieno di termini che a volte possono mandare in confusione chi non è addetto ai lavori.

L'importante è tenere a mente la stella polare della questione: le persone.
Ottimizzare la customer experience del tuo sito significa prima di tutto conoscere i tuoi clienti.

La base della customer experience: non puoi ottimizzare l'esperienza per qualcuno che non conosci

Abbiamo ormai superato da qualche settimana la temutissima crisi del regalo di Natale compulsivo...
Ma ti sei mai chiestə perché il 24 di dicembre non avevi ancora idea di cosa comprare al collega del team al piano di sopra o alla prozia di Forlì? Perché, con loro, non ci parli poi così spesso.

Se lo avessi fatto, avresti scoperto che la zia si sta annoiando a stare isolata in casa e che le piacerebbe un puzzle. Il tuo collega, invece, è recentemente diventato "green" e gradirebbe molto un kit da bagno in bamboo.

La stessa cosa accade con il tuo sito o il tuo e-commerce: non puoi ottimizzare qualcosa per qualcuno che non conosci.

In Digital Pills crediamo profondamente nei dati e nell'analisi quantitativa, ma anche nella user research, ossia l'analisi qualitativa.

Così come per il Natale, il miglior regalo per il tuo utente è un'esperienza cucita su di lui (o lei).

I consigli di Digital Pills per migliorare la Customer Experience digitale.

Oggi vogliamo condividere con te qualche idea per per iniziare a ottimizzare la tua customer experience.

#1. Parlare - Le interviste

Sembrerà banale, ma riprendiamo quanto detto sopra: prendi una manciata di tuoi clienti (o potenziali clienti) e parla con loro. Per non rischiare di finire fuori traccia, preparati una lista di domande che vuoi fare.

Cerca di ottenere informazioni sulle loro preferenze, idee, opinioni o abitudini. Se sei alla prime armi con le interviste, ti verrà spontaneo parlare principalmente del tuo sito: ti consigliamo invece di partire da un approccio più esplorativo.

Se ad esempio hai un e-commerce di abbigliamento, tieni presente che questo è solo uno dei canali a disposizione del tuo cliente. Ci sono gli altri e-commerce, i negozi fisici, servizi per scambiarsi indumenti di seconda mano e così via.

In questo caso alcune delle cose che potresti indagare sono:

  • dove preferisce acquistare (e perché),
  • quali caratteristiche vorrebbe che avessero gli abiti che cerca (e perché),
  • se di solito ha in mente qualcosa di molto preciso o se si orienta man mano (e perché)
  • se ci sono casi in cui non compra, pur avendo trovato l'abito dei suoi sogni (e perché).


Potresti aver notato una leggera ripetizione della parola perché: è la chiave di tutto, chiedilo più e più volte, sia quando le risposte ti spiazzeranno, ma soprattutto quando saranno scontate. Scoprirai che spesso la motivazione è diversa da quello che pensavi, e cambia da persona a persona.

#2. Guardare - Le osservazioni

Facciamo un esperimento: prova a descrivere cosa fai la mattina quando prendi il caffè, ti diamo 1 minuto.

....

....

Ci stai pensando?

....

....



Se lo hai fatto, potrebbe essere uscito qualcosa di questo tipo:

  • Mi avvicino alla macchinetta
  • Inserisco la capsula
  • Avvio la macchinetta
  • Bevo il caffè

Per esperienza personale (abbiamo fatto davvero questo esperimento in Digital Pills) possiamo dirti che hai omesso tantissime informazioni inconsapevolmente: per esempio il tipo di tazzina che scegli, il posto in cui lo bevi, se parli con qualcuno o te lo gusti da solə, se di fretta o con calma.


Condividiamo questo piccolo esperimento per dimostrarti che, se parlare con le persone è sorprendente, osservarle completa e arricchisce il quadro: raramente i tuoi clienti fanno esattamente ciò che dicono, perché è nella natura umana.

Osservarli mentre utilizzano il tuo sito (in una situazione reale, non sotto tua richiesta) o guardare come si muovono tra le pagine e dove si soffermano potrebbe sfatare miti come "i miei utenti entrano nel catalogo, aggiungono l'articolo al carrello e fanno il check out".

Tutte le informazioni ricavate dall'osservazione ti saranno utili per ottimizzare la customer experience, sulla base della vera interazione dei tuoi clienti con il sito. Provare per credere.

#3. Scrivere - Diary study

Non tutti i casi o i siti si prestano all'intervista o all'osservazione. Per esempio, se il tuo prodotto o servizio viene utilizzato giornalmente o ripetitivamente - come giochi online, intranet aziendali o software per il lavoro - oppure se è qualcosa di davvero privato, come un'app per riprodurre musica sotto la doccia.

Quando si presenta la giusta occasione o il giusto contesto, puoi chiedere ai tuoi clienti (o potenziali clienti) di tenere un diario. L'obiettivo è che vi appuntino osservazioni, pensieri e frustrazioni ogni qual volta affrontano lo stesso processo, come intrattenersi nel caso del gioco.

Il Diary study richiede pazienza e qualche settimana, ma può garantirti dati estremamente attendibili e molto preziosi, vista la difficoltà nel reperirli.

Immagine gratuita di agenda, alunno, anonimo

#4. Testare - User testing

Altro termine che forse hai già sentito. Lo user testing consiste nel testare una parte del tuo prodotto, vera o progettata (ad esempio il tuo sito live o un prototipo di come dovrà essere), con 5 tuoi potenziali clienti.

Dovrai prefissarti un obiettivo ben preciso, e prevedere dei task da assegnare all'utente durante il test (e.g. Trova articolo X e aggiungilo al carrello). Il percorso a step che preparerai ti aiuterà a individuare punti di miglioramento o verificare ipotesi prima di spendere tempo e soldi per realizzarle.

A questo punto potresti chiederti cosa c'è di diverso dall'osservare.
La stessa differenza che c'è tra osservare un animale libero nel suo habitat e chiedergli di eseguire un comando. Nel primo caso, puoi osservarlo per capire qualcosa in più su di lui e su come funziona. Nel secondo otterrai informazioni sull'interazione con te: se sei bravo ad utilizzarle, capirai come interagire meglio con lui.

#5. Chiedere - Digital Pills

Potremmo sembrare monotoni, ci prendiamo questo rischio; rivolgerti a un'agenzia per conoscere meglio i tuoi clienti e ottimizzare la customer experience potrebbe essere una buona idea.

Noi ti consigliamo sempre prima di provare: crediamo nello sporcarsi le mani, e siamo sicuri che i primi 4 suggerimenti da soli rivoluzioneranno il tuo modo di vedere i clienti, e di conseguenza la customer experience del tuo prodotto.

Tuttavia per amore di completezza dell'informazione, dobbiamo anche riportarti le fatiche di questo lavoro:

  • Reperire gli utenti per interviste, osservazioni, diary studies e test potrebbe non essere così semplice come sembra.
  • Il rischio di invalidare le tue ricerche è dietro l'angolo: le domande vanno poste nel modo giusto e gli utenti istruiti e messi a loro agio, per evitare che i tuoi studi siano pieni di bias e che ti basi su informazioni non oggettive per mettere in atto modifiche al tuo prodotto. Il caso più comune di bias è suggerire la risposta nella domanda.
  • Sintetizzare i dati è un lavoro a sé: queste 4 metodologie di user research ti permetteranno di raccogliere una grande mole di dati. Vanno poi interpretati, capiti, selezionati: non tutto è davvero rilevante per ottimizzare l'esperienza dei clienti

Se stai cercando un buon alleato per migliorare la customer experience digitale, noi siamo i partner di riferimento per aziende che ci scelgono da ormai 5 anni.

Qui sotto trovi i link ad alcuni casi studio pubblicati sul nostro sito:

Hai domande, dubbi o commenti? Scrivici a hello@digitalpills.it, saremo felici di ascoltarti!

26 Giugno 2021

Come creare la tua prima Customer Journey Map

Qualche giorno fa abbiamo pubblicato un articolo dove abbiamo visto che cos'è una Customer Journey Map (CJM) e a cosa serve.

Con questo articolo vogliamo mostrarti quali i passaggi principali per creare la Customer Journey Map.

Non esiste uno schema predefinito valido in qualsiasi momento e per chiunque, ma esistono alcune regole di fondo perché ognuno possa costruire la propria CJM in base alle proprie esigenze, sia per le informazioni che ne deve ricavare, sia per il numero di persone e di reparti aziendali che la devono usare.

Prima di iniziare, vogliamo solo ricordati che la Customer Journey Map non è una cosa fine a se stessa, bensì uno strumento che va costruito e usato in modo corretto per individuare le implementazioni necessarie da fare al proprio sito.

Vedremo in questo articolo:

  1. Cosa fare prima ancora di iniziare a costruire la CJM
  2. Quali dati devi raccogliere e come
  3. La Emphaty Map Canva
  4. La CJM definitiva
  5. Le conclusioni

Iniziamo!

Cosa fare prima ancora di iniziare a costruire la Customer Journey Map (CJM)

Prima di iniziare a lavorare propriamente sulla CJM, devi definire bene i tuoi goal (esattamente come fai quando imposti il tuo Google Analytics per tracciare i dati).

Per la tua prima CJM inizia da un'area del tuo sito dove sai che c'è un problema e cerca di rimanere focalizzato. Ad esempio se hai una pagina particolare che ha un tasso di uscita molto elevato, l'analisi potrebbe concentrarsi anche solo su quella e sulle azioni che fanno gli utenti limitatamente alla pagina in questione.

Cerca di capire l'output che vuoi ottenere in modo talmente chiaro da poterlo sintetizzare in una frase di al massimo un paio di righe:

This map looks at the purchase flow on our website, and helps us understand how customers go through each step and the issues or obstacles they encounter. The map starts after users click on ‘proceed to checkout’ and ends when they get to the thank-you page.

Poi stabilisci da che punto del percorso inizi a tracciare: quando l'utente arriva sul tuo sito o ancora da prima? Dalla prima pagina su cui atterra nel sito o da una specifica landing page? Rispondere a queste domande ti aiuterà a risparmiare tempo: non andare a tracciare quello che non ti serve.

Ed infine pensa a quali team della tua azienda questa mappa potrà essere utile per poterli coinvolgere, sia in fase di analisi che per fornire loro direttive in seguito.

Quali dati devi raccogliere e come

Una volta che hai chiarito i tuoi obiettivi, puoi passare a raccogliere tutti i dati di cui hai bisogno per procedere dopo ancora alla mappatura vera e propria.

  • Inizia dai dati di Google Analytics per avere una visione d'insieme su quello che succede e per individuare o confermare eventuali punti critici che devono essere oggetto di analisi.

  • Sono molto importanti i dati che parlano di come le persone interagiscono con le pagine del tuo sito: dove cercano di cliccare, dove guardano di più, come si muovono all'interno di una pagina, etc. Puoi ricavare questo tipo di informazioni grazie a tool come heatmapsrecordings  sviluppati da hotjar.

  • Usa anche i dati dei sondaggi che hai proposto ai tuoi utenti sul sito o via mail.

  • Qualsiasi informazione che hai usato per creare il modello di tuo "utente tipo", a partire dalle ricerche di mercato ai problemi riscontrati dal Supporto Clienti.
  • Qualsiasi informazione o dato riguardo i tuoi clienti che viene usata dagli altri reparti della tua azienda e che riguarda i tuoi clienti. Ad esempio il Sales Team ha di certo informazioni su come alcuni prezzi influiscano le scelte dei consumatori o come sono disposti a spendere per certi prodotti. Queste sono informazioni importantissime.

Quando avrai abbastanza dati, sia quantitativi che qualitativi, riguardo ai punti più importanti e critici della navigazione dei tuoi utenti potrai andare avanti. Devi sapere almeno:

  • quante persone interrompono la navigazione dopo ciascuna pagina del percorso che stai analizzando
  • quali sono gli elementi di ogni pagina con cui interagiscono di più
  • quali sono quelli che ignorano e quali possono essere i potenziali fattori che li fermano dal farli convertire o andare avanti.

La Empathy Map Canva

Nel creare la Customer Journey Map potrai (e dovrai) coinvolgere tutti quelli che potranno farne uso in futuro. La Emphaty Map Canva è uno strumento utilissimo da cui partire.

Grazie a questo template ognuno può, in modo organizzato e schematico, esprimersi su alcune questioni fondamentali riguardo gli utenti del sito:

  • Le AZIONI che fanno i tuoi utenti
  • Le DOMANDE che potrebbero avere
  • I MOMENTI dove sono più FELICI
  • I MOMENTI dove hanno dei PROBLEMI
  • I LIMITI TECNICI a cui vanno incontro (ad esempio: non esiste un metodo di pagamento che vada bene per una certa fetta di potenziali clienti)
  • Le OPPORTUNITÀ che il comportamento degli utenti suggeriscono

Mettendo tutte queste informazioni in una tabella simile a quella che trovi qui sotto avrai già una prima bozza della tua Customer Journey Map!

La CJM definitiva

Dopo che hai la prima bozza di CJM, se non l'hai fatta in digital, ma usando i post-it, essa dovrebbe risultare a grandi linee così

A questo punto non rimane che confrontarsi con tutti quelli con cui si è lavorato per realizzarla per tirare fuori le osservazioni più importanti. Individua quali sono i punti più importanti e che sono venuti fuori di più durante la conversazione, quali sono le idee più ricorrenti o i problemi più grandi ed evidenziali.

Per arrivare alla Customer Journey Map definitiva è necessario mettere in evidenza i punti più importanti che sono usciti in evidenza durante l'analisi e che sono stati riscontrati da persone di team diversi.

Una volta che hai la CJM, è importante conservarla attentamente (una mappa fatta bene può essere usata anche per progetti che durano mesi) senza che tutto il lavoro fatto venga perso.

Ecco gli ultimi punti fondamentali:

  • se hai la CJM sui post-it è meglio digitalizzarla seguendo il template che c'è nella sezione Empty Map Canva
  • Crea uno schema di lavoro che ti permetta di sintetizzare tutto quello che devi avere ad ogni step di creazione della tua CJM, anche per quelle che farai in futuro
  • Se hai trovato problemi del sito che non riguardano strettamente l'esperienza utente e i suoi movimenti nel sito, comunicali comunque a chi ha competenza di risolverli (ad esempio: sai di avere 100 reviews ad un prodotto, ma sul sito se ne vedono solo 50, questo potrebbe non essere direttamente un problema da risolvere con la tua analisi, ma se lo hai scovato è bene occuparsene)

Conclusioni

Ora che hai pronta la tua Customer Journey Map usala al meglio per migliorare le tue conversioni!

Un processo di analisi qualitativa di questo tipo richiede un grande sforzo, ma è anche vero che ti permette di individuare dei problemi che dalla pura analisi dei dati sarebbe impossibile scovare!

Speriamo che questo articolo ti sia stato d'aiuto, e se hai domande non esitare a contattarci 😉

9 Febbraio 2021

Cos’è Google Optimize e come impostarlo per gli A/B Test

In questo articolo vedremo cos'è Google Optimize e come impostarlo per gli A/B Test.

Google Optimize è il tool di Google che serve generalmente per testare ed ottimizzare tutta la User Experience di un sito, ma ovviamente è stato concepito per poter dare finalmente a tutti gli sviluppatori uno strumento definitivo per gli A/B Test.

Se non ricordassi cosa sono gli A/B Test, ecco un articolo che abbiamo scritto in merito, dove potrai scoprire e approfondire meglio tutti i vantaggi di questo metodo tipico del CRO. Per ora ti ricordiamo solo che è un processo dove vengono proposti agli utenti due varianti dello stesso sito per poi vedere quale funziona meglio (non solo in termini di conversioni).

Ma prima di partire, ecco gli argomenti che affronteremo:

  1. Cos'è Google Optimize e perché è meglio di altri tool
  2. Le Differenze tra Google Optimize e Optimize 360.
  3. Come configurare Google Optimize
  4. Conclusioni

Iniziamo!

Cos'è Google Optimize e perché è meglio di altri tool

Come già accennato Google Optimize è il tool di Google per poter attuare gli A/B Test.

Si differenzia da tutti gli altri tool in primis perché è un prodotto Google, quindi l'integrazione con tutti gli altri strumenti della famiglia Google è ineccepibile, e per una serie di ragioni, tra le quali:

  • è facile da impostare
  • offre opzioni di targetizzazione molto avanzate
  • fornisce report molto dettagliati
  • si adatta velocemente

Avere i dati di Optimize in Google Analytics e viceversa può rivelarsi davvero un vantaggio competitivo. Questo vuol dire essere più veloci ed avere dati più affidabili. Ma non solo,  puoi infatti usare Analytics per identificare dei segmenti chiave di utenti e lavorare direttamente con questi su Optimize, proponendo versioni specifiche del sito a utenti specifici.

Oltre a questo, Optimize ha un'interfaccia facile da usare ed è gratis.

Le differenze tra Google Optimize e Optimize 360

Optimize è gratis, ma ovviamente per i più esigenti c'è anche una versione a pagamento, si tratta di Optimize 360.

La tabella di seguito raccoglie in modo chiaro le differenze tra i 2.

A meno che tu non abbia un sito con tantissimo traffico e la necessità di effettuare dei test molto complessi, la versione free andrà più che bene. Infatti ha solo alcune limitazioni:

  • Non c'è il target utenti personalizzato (quello che puoi ricavare da Analytics).
  • Hai limitati il numero di multivariate testing.
  • Puoi configurare gli obiettiivi solo all'inizio e non anche in corso d'opera
  • Puoi fare solo 5 test simultaneamente

Come configurare Google Optimize per gli A/B Test

La prima cosa dopo aver creato un account sul sito di Optimize è creare un container (esattamente come su Analytics).

A questo punto andando su "My Container" il alto a sinistra potrai vedere i tuoi ID di account e container.

Dopo questi passaggi, devi collegare il tuo Optimize ad Analytics.

Dalle impostazioni troverai l'opzione che richiede solo 1 passaggio.

Ti verrà chiesto di selezionare una Property e anche una View del tuo Analytics, una volta scelti il gioco e fatto e non ti resta che installare lo Snippet di Optimize sul tuo sito.

Questo passaggio tuttavia richiede di copiare questo codice dentro ogni pagina del tuo sito, ecco perché noi preferiamo usare GTM.

Ovviamente non si usa GTM solo per non andare a toccare il codice del sito, ma perché questo tool offre la possibilità di tracciare gli eventi, infatti se hai degli obiettivi che dipendono da user interaction (ad esemmpio veriticare che gli elementi CTA funzionino) con Analytics ti sarà impossibile tracciarli.

Per installare Optimize con GTM bisogna partire da quest'ultimo. Optimize essendo un tool di Google ovviamente è già presente nella lista dei tag.

Ora inserisci i tuoi ID di Optimize ed Analytics.

Ora non ti resta che inserire le tue triggering options e le pagine interessate (in questa immagine tutte) ed anche qui il lavoro è fatto!

Conclusioni

Ora non ti resta che implementare le modifiche che ritieni più opportune sul tuo sito e iniziare a testare!

Speriamo che tu abbia capito quanto potente sia Google Optimize come strumento per andare a lavorare su quel processo di CRO. Allo stesso tempo, se vuoi approfondire riguardo l'A/B Testing con Google Optimize guarda questo webinar gratuito, siamo sicuri che ti piacerà.

Se hai domande o dubbi non esitare a contattarci 😉

3 Febbraio 2021

Cosa sono e a cosa servono gli A/B Test

Un A/B Test consiste in un esperimento in cui possiamo somministrare a un pubblico (ad esempio i visitatori del nostro sito web) due versioni differenti (la versione A e la versione B) di una pagina web, di un annuncio, di un testo, di un pulsante...insomma di qualsiasi elemento che vogliamo mettere alla prova.

Che si tratti di tutto un sito o di una sola pagina di un sito,  di una campagna ads o anche di un intera campagna marketing, questo tipo di test ha lo scopo di mostrare quale versione funziona meglio per il goal che ci siamo prefissati, in modo da validare la migliore ipotesi.

Vedremo in questo articolo:

  1. Le basi dell' A/B Testing
  2. Il Multivariate Testing
  3. Come Svolgere gli A/B Test
  4. Conclusioni

Le Basi dell' A/B Testing

Come accennato nell'introduzione, l'A/B Testing è un processo che si usa per vedere quale versione di un prodotto funzioni meglio.

Per capire meglio basti pensare a un sito dove, magari dopo alcune sedute di confronto tra i vari team, è stata cambiata l'interfaccia utente, sono stati cambiati gli elementi CTA, etc. Ora dunque sorge spontanea la domanda: il nuovo sito funziona meglio di quello vecchio?

Allora ecco che entra in gioco l' A/B Test dove, grazie a qualche tool del mestiere, il traffico del sito verrà diviso in 2, una metà degli utenti andrà sul nuovo sito e l'altra metà sul vecchio.

In questo modo, analizzando tutti i dati a disposizione (di cui dovremo impostare la raccolta con GTM) vedremo quale sito ci dà risultati migliori.

Ma nello specifico, cosa vuol dire "funziona meglio"?

Come per i KPI, anche qui devi sapere bene cosa vuoi tracciare e qual é il goal. Quindi quando imposti un A/B Test, ricordati cosa stai andando a verificare: il tasso di conversione dell'intero sito? la percentuale di uscita di una certa landing page? l'efficacia di un elemento CTA? etc.

Il Multivariate Testing

Multivariate Test non sono altro che una tipologia di A/B Test in cui le variazioni non riguardano le pagine del sito, ma il contenuto al loro interno.

Infatti i contenuti di una landing page sono sicuramente una tra le prime cose che determinano se l'utente resta o esce.

Questa tipologia di test mira a mettere in evidenzia quale versione di una pagina è meglio delle altre (sempre in termini di conversione, bounce rate, etc. in base al goal che ti sei prefissato) in termini di contenuti.

Ogni elemento di una pagina ha un impatto e questo tipo di test è molto importante, tuttavia richiede una mole di traffico notevole per dare dei risultati affidabili.

Generalmente prima si fanno gli A/B Test per determinare i layout migliori, e poiMultivariate Test per rifinire ogni pagina. Questo per assicurarsi che tutti gli elementi siano coerenti per una navigazione ottimale.

Come svolgere gli A/B Test

Sicuramente hai già intuito che per svolgere un A/B Test come da manuale esistono dei passaggi imprescindibili da seguire.

Gli obiettivi

Prima di iniziare hai bisogno di capire quali sono i tuoi obiettivi: aumentare le conversioni? aumentare il tempo di permanenza su una pagina? etc. E per capire quali sono i tuoi obiettivi puoi sicuramente partire dai risultati delle tue analisi qualitative oppure dalla tua Customer Journey Map.

I Goals sul sito

Dopo di che è bene tradurre questi obiettivi in termini tali da poter avere un riscontro diretto sul sito. Questo è il punto in cui devi formulare le ipotesi e cercare di capire quali miglioramenti possono portarti verso i tuoi obiettivi. Cambiare il colore di alcuni bottoni? Cambiare i testi? Modificare l'intero layout della pagina?

KPI

Dopo aver formulato le ipotesi e aver scelto quella (o quelle) più solide, anche qui si lavora con i KPI per poter tenere traccia ed avere un riscontro diretto riguardo le implementazioni.

I KPI possono essere sia metriche semplici che composte, ma devono essere rilevanti, facili e controllabili.

Questi ti aiuteranno a tener traccia dei relativi cambiamenti, in meglio o in peggio, delle tue implementazioni.

Le metriche target

Per ultima cosa rimane da definire qual è il target per il tuo test. Questo può riguardare sia numeri assoluti (ad esempio fai il test fino a non avere un certo ammontare di traffico) sia numeri relativi (ad esempio fai il test fino a quando non raggiungi per ogni versione l'ammontare medio delle tue visite mensili). Tutto questo per avere un riscontro il più possibile veritiero.

Poi ovviamente ci sono anche i target per i KPI, ad esempio continui con il test, A/B o anche Multivariate, finché non hai un tasso di conversione che ti soddisfa.

Un Test deve assolutamente prevedere queste variabili: per quanto tempo e fino a dove.

Conclusioni

A questo punto non ti resta che impostare il tutto e partire con i test.

É importante ricordarsi che per poter fare gli A/B Test serve tanto traffico, in modo da avere dei risultati affidabili. Quindi per i siti piccoli è più difficile. Tuttavia resta un metodo per migliorarsi assolutamente tra i migliori, specialmente per chi lavora nel mondo online.

Allo stesso tempo è importante ricordare che spesso non basta un solo A/B Test, questo è proprio un processo che va usato per migliorarsi continuamente.

Se desideri approfondire ulteriormente, ecco il link al nostro webinar gratuito sugli A/B Test.

Speriamo che questo articolo ti sia piaciuto e se hai domande non esitare a scriversi 😉

29 Gennaio 2021

6 Principi di Design per Convertire meglio

Il design di un sito è molto importante, eppure spesso si rischia di ignorare questa componente quando si fanno delle analisi, per questo motivo oggi vedremo quali sono alcuni principi di design per convertire meglio con il tuo sito.

Esistono infatti alcuni principi generali su cui tutto il design di un sito si deve basare a partire dalla disposizione degli elementi, fino ad arrivare alla grandezza dei caratteri, ai colori e potrebbero esserti utile anche se non sei un web designer di professione.

Per far si che anche dal punto di vista grafico il tuo sito converta di più bisogna farsi guidare da 6 principi chiave che hanno sempre fatto la differenza. Li vedremo uno per uno.

  1. Mantieni il Focus
  2. Struttura bene la pagina
  3. Sii Coerente
  4. Guida l'Attenzione
  5. Ispira fiducia
  6. Riduci gli attriti

Iniziamo!

Principio chiave per il design del tuo sito numero 1: Mantieni il focus

Partiamo con il primo dei principi di design per convertire meglio.

Ogni volta che strutturi una landing page, ricordati che hai tantissimi nemici: tutti gli elementi che possono distrarre il tuo utente quando la visita: una notifica, un avviso, qualcuno che lo chiama... e queste sono tutte cose che ti è oggettivamente impossibile controllare. Però ci sono cose che puoi controllare: tutte quelle che si trovano sulla tua pagina.

Da qui nasce l'esigenza di indurre e facilitare i propri utenti a focalizzarsi su quella cosa che è la più importante per te in quel determinato punto della navigazione, e tutti gli elementi della pagina devono spingere gli utenti a fare quell'azione.

Ad esempio, se cerchi di vendere il più possibile, una volta che gli utenti arrivano sulla home page del tuo sito il tuo goal potrebbe essere quello di farli andare subito sul catalogo dei tuoi prodotti. Allora tutti gli elementi della home page dovranno rimandare, direttamente o indirettamente, al catalogo.

Dare tante opzioni al tuo utente quando si trova su una pagina è la cosa più sbagliata che puoi fare, perché egli riesce a concentrarsi solo su una cosa alla volta e si rischia la "paralisi da analisi".

Ecco una tabella che mette in relazione numero di link per pagina e conversion rate.

Se hai problemi a capire sul dove indirizzare gli utenti pensa sempre alla tua offerta principale, così ti sarà più facile individuare i goals.

Principio chiave numero 2: Struttura bene la pagina

Una landing page fatta bene dal punto di vista del design non equivale solo ad una pagina che è graficamente piacevole, ma invoglia e spinge gli utenti in modo implicito a continuare a scollare o a fare qualcosa (possibilmente, se hai lavorato bene sul focus, a fare un'azione che li porti a compiere un goal).

Quando pensi alla struttura della pagina, pensa al flow che vuoi il tuo utente segua e creala in modo che questo sembri naturale. Se, inoltre, il contenuto mostra in qualche modo qual é la prossima mossa da fare per gli utenti, ancora meglio!

La cosa più importante quando pensi alla struttura e al flow è la gerarchia delle informazioni. Questa definisce l'ordine in cui vuoi presentare le informazioni e di conseguenza quali sono le più importanti, quali vanno messe prima e quali dopo, in modo da consentire gli utenti a rimanere focalizzati.

Tutto questo processo fornirà quasi in automatico una struttura della tua pagina.

Il terzo principio chiave per il design del tuo sito é la coerenza

Spesso ci sono alcuni siti che hanno delle landing page fatte benissimo, magari quelle su cui atterrano gli utenti provenienti da una campagna pubblicitaria, ma che non hanno coerenza con tutto il resto del sito. Colori, font, disposizione degli elementi perfetta, ma appena l'utente cambia pagina, sembra di stare su un altro sito.

Ecco un altro principio chiave per il design del tuo sito: i colori del tuo brand devono essere in sintonia con quelli della pagina, come anche tutti gli altri elementi. Ad esempio se nella home page hai una recensione che è scritta in verde, è bene che le recensioni sulla pagina prodotto siano anch'esse in verde. Gli utenti inconsciamente (e non) troveranno coerenza e questo ridurrà di molto le possibilità che essi vogliano abbandonare la pagina.

Guidare l'attenzione con il design per convertire meglio

Una pagina di solito contiene tanti elementi: scritte, immagini, bottoni, etc. e anche se hai organizzato tutti questi elementi quando hai pensato alla gerarchia delle informazioni, esistono modi che ti aiutano ancora di più a far concentrare l'attenzione dei tuoi utenti in certi punti: stiamo parlando dei Colori.

Senza stare a menzionare quali colori suscitano certe emozioni, etc. la cosa più importante da ricordare è che generalmente una pagina fatta bene contiene al massimo 3 o 4 colori. Questo aiuta tantissimo gli utenti a rimanere concentrati su quello che stanno vedendo.

Poi, è praticamente un must scegliere un colore chiave da usare per tutti i tuoi elementi CTA (Click-to-action, ovvero quelli cliccabili). La regola vuole che questo colore sia usato solo per quegli elementi.

Oltre a questo, usa la gerarchia non solo per le pagine, ma anche per i testi dentro le pagine, con il medesimo obiettivo: far risaltare le informazioni più importanti.

Ispira fiducia: ecco il quinto principio chiave da seguire per il design del tuo sito

Non dimenticarti di quanto gli elementi di Social Proof siano importanti per il suo sito e mettili sempre. Ma anche questi devono rispettare alcune caratteristiche di design importanti.

Usa sempre una foto se puoi, perché questo conferisce alla testimonianza o alla recensione più credibilità, ed evidenzia i concetti più importanti.

Allo stesso tempo attenzione a dove posizioni questi elementi di social proof. É inutile bombardare i tuoi utenti con le migliori recensioni se questi non sanno ancora neanche che cosa vendi.

Sulle Social Proof abbiamo scritto un intero articolo, leggilo se vuoi approfondire e scoprire altri dettagli!

Ecco l'ultimo dei principi di design per convertire meglio: riduci gli attriti

Sarebbe proprio un peccato se dopo tutto il lavoro fatto finora un grande tasso di utenti abbandonasse il sito perché c'è un problema con lo scroll della pagina da mobile o il checkout ci mette troppo a caricare, eppure succede.

Infatti non sono pochi i casi in cui il design è quasi perfetto, ma non produce i risultati sperati. Questo perché esistono dei problemi di fondo che magari sono sfuggiti alla tua attenzione. Per risolvere questo tipo di problemi bisogna sempre iniziare con un Web Usability Test.

Se ci sono dei forms da compilare sul tuo sito, prediligi quelli semplici, sia in termini di design che in termini di informazioni richieste (un form con 3 caselle da compilare ha molte più probabilità di un form da 12 caselle), oppure se ti è necessario avere tante informazioni, spezza il form in più step.

Poi, controlla sempre la fluidità di navigazione da mobile, dato che ormai i dispositivi mobili stanno superando quelli fissi in termini di visite.

Ed infine, controlla spesso la velocità con cui caricano le tue landing page, questa è una delle principali cause per cui gli utenti abbandonano il tuo sito.

Conclusioni

Speriamo che questo articolo sui 6 principi di design per convertire meglio ti abbia fornito degli spunti per poter intervenire sul tuo sito e migliorarlo, con l'intenzione di avere un processo di CRO ancora migliore.

Non dimenticarti che, sebbene siano i designers coloro che fanno questo tipo di intervento, tu come analyst devi essere capace di riconoscere gli errori e di suggerire potenziali migliorie, senza menzionare il fatto che tutti questi elementi possono essere oggetto di analisi qualitativa.

Se hai domande non esitare a contattarti, a presto 😉

13 Gennaio 2021

Social Proof: servono davvero?

Quando si parla di Conversion Rate Optimization e delle migliori pratiche per implementarla, la questione della Social Proof esce sempre in evidenza, perché è indiscutibilmente uno dei fattori più importanti e universalmente riconosciuti per aumentare le conversioni.

Ma le Social Proof funzionano davvero?

Andremo a scoprirlo in questo articolo con l'intento di capire se questa pratica abbastanza comune di mettere in evidenza sul sito elementi di Social Proof sia utile e in che misura aiuta.

La Social Proof è un elemento essenziale del tuo sito o delle tue landing page più critiche, quelle dove l'utente deve essere invogliato a proseguire la navigazione o a comprare.

Vedremo quindi:

  1. Cos'è la Social Proof
  2. 6 Tipi di Social Proof
  3. Un modello di Social Proof Innovativo
  4. Come usare bene gli elementi di Social Proof
  5. Alcune conclusioni finali

Iniziamo!

Cos'è la Social Proof

La Social Proof è un concetto che si basa sull'idea di riprova sociale, questo vuol dire che le persone sono influenzate tra di loro in modo da assumere comportamenti o decisioni che le rendano simili o piacevoli agli altri o alla società in generale. Ma non solo, quando sono indecise, le persone spesso tendono a replicare le scelte che hanno già fatto altri nelle loro stesse condizioni, anche questa è influenza sociale.

Nel mondo e-commerce questo concetto funziona quando un utente cerca un prodotto e si trova davanti ad una miriade di scelte: come decide? Dopo un primo filtro che fissa magari colore dell'oggetto, taglia ed un certo range di prezzo, se le opzioni sono ancora tante, un utente nella maggior parte dei casi va a leggere le recensioni. Qui riscontra un parere di altri che come lui hanno avuto bisogno quell'oggetto, ne scova caratteristiche particolari, problemi non menzionati nella pagina prodotto, e così via... Questo è un tipo di Social Proof.

Oppure se cerchi un tool e vedi che un altro tuo grande competitor che va molto bene lo sta già usando, anche tu sarai più invogliato a farne uso.

In sostanza usare elementi di Social Proof è fare uso dell'esperienza di terzi, che sono comunque collegati all'azienda come clienti o utenti, per influenzare nuovi potenziali clienti o utenti.

6 Tipi di Social Proof

Esistono principalmente 6 tipi di Social Proof che potrai generalmente vedere sui siti. Alcuni ovviamente funzionano meglio di altri, ma non in termini assoluti, dipende ovviamente dal tuo tipo di business (scrivi articoli? vendi scarpe? offri un servizio B2B? etc.) e anche da dove vuoi mettere questi elementi per influenzare i tuoi utenti, in quali pagine del tuo sito o a che punto del processo di conversione dell'utente (il cosiddetto funnel).

I case study

Fare un'analisi data-driven, molto avanzata riguardo al prodotto o al servizio che hai offerto ad un tuo cliente e come questo lo abbia aiutato è un ottimo modo non solo di farsi pubblicità, ma anche di far capire le potenzialità di quello che offri e di come, in concreto, questo possa aiutare.

Questo tipo di Social Proof funziona molto bene per i software B2B e per le agenzie che offrono servizi. E' uno sguardo al servizio/prodotto da parte del potenziale cliente che risponde a molte delle sue domande e che può convincerlo che è la cosa di cui ha bisogno.

Qui per esempio puoi trovare un nostro Case Study su Lines, guardalo e capirai meglio questo tipo di Social Proof.

Le Testimonianze

Semplici e piccole raccomandazioni da parte di clienti soddisfatti possono anche loro fare la differenza. Questo elemento può essere applicato pressoché su qualsiasi sito, anche se non vende niente, per confermare quanto i propri contenuti siano efficaci e di alto livello.

I principali elementi per una testimonianza fatta bene? Nome (quello vero), immagine del profilo, azienda per cui si lavora e magari anche la posizione che si ricopre. Tutti questi dettagli danno credibilità alla testimonianza, che di conseguenza dà credibilità al tuo prodotto.

Recensioni

Pensa alle recensioni come a delle testimonianze, ma più brevi e un po' più oggettive.
Usale per prodotti che sono molto tecnici o per prodotti che sono in mercati molto competitivi. Pensa ai prodotti di Amazon, dove c'è tantissima competizione, quello che ha più recensioni vende quasi sempre di più, anche se non ha il prezzo più basso di tutti. Questo è un perfetto esempio di come la Social Proof può farti dominare sui competitors in termini di vendite se fatta bene.

Ricorda però che i clienti a volte non aspettano un tuo invito per scrivere la loro sul tuo prodotto, e possono anche esprimersi al di fuori del tuo sito, quindi fai sempre un check sui forum o sui siti di recensioni (come trustpilot) per vedere quello che si dice davvero in merito a ciò che vendi.

Social Media

I clienti spesso si ritrovano a parlare di te sui social media, ormai i più usati luoghi per discutere e confrontarsi. Mettere in evidenza le cose positive che i clienti dicono di te su Facebook, Instagram, Twitter... è un influenza fortissima sui tuoi potenziali clienti. Non solo per il brand del social che presenta una garanzia, ma anche perché i pareri scritti in modo spontaneo, in mezzo ad una qualche discussione magari, sono più genuini e le persone sono più attente così.

Trust Icons

Se ci fosse un tipo di Social Proof che più di altri varrebbe la pena mettere in discussione è certamente questo. Essere citati su grandi riviste o siti di informazioni serve per la vostra credibilità? A quanto pare si.

Se oltre ad essere citati, vengono anche recensiti i vostri prodotti su queste piattaforme, allora ancora meglio!

Inoltre questo tipo di Proof può essere usato su qualsiasi pagina del vostro sito indifferentemente, fisso al fondo, senza che sembri fuori luogo.

I numeri

Ci sono casi in cui un solo numero può valere più di mille parole. Mostrare i risultati in termini numerici rende ancora più credibile il tuo prodotto/servizio perché in generale i numeri sono messi in discussione di meno.

Questo tipo di Social Proof generalmente va combinato con un altro tipo, ad esempio "Dopo aver acquistato questo tool da noi, l'azienda X ha migliorato la performance delle proprie campagne pubblicitarie social" va bene, ma non offre riscontri concreti, anche se si tratta di grandi brand riconosciuti.

Mettere in evidenza invece un risultato concreto, legato anche a quello che è già stato scritto poco sopra, porta ad un livello di efficacia maggiore: "Le campagne sono costate 10% in meno, e la conversione è stata del 20% migliore, facendo risparmiare a X 25,000€"

Questo tipo di Social Proof funziona benissimo, e funziona con qualsiasi tipo di cliente, da B2B a B2C.

Un modello di Social Proof innovativo

I tipi di Social Proof che abbiamo visto fino a qui funzionano molto bene e infatti sono presenti su qualsiasi sito che si rispetti, ma rimane sempre il problema della loro perdita di efficacia poco alla volta, perché gli utenti si abituano a vederle e perché anche tutti i tuoi competitors le usano.

Coloro che sono leader in questo campo, con percentuali di conversioni che fanno invidia, sono alla ricerca costante di nuovi modelli di Social Proof che permettono loro di differenziarsi ancora.

La Social Proof nascosta nello storytelling

Se hai costruito correttamente la tua landing page, essa racconta ad ogni tuo utente la storia del tuo prodotto in modo coeso e coerente. Ma se invece di raccontare questa storia con le tue parole usassi quelle dei tuoi clienti soddisfatti? Questa è una tecnica avanzata che funziona in modo straordinario.

Non vuol dire prendere le parole delle recensioni o delle testimonianze e cercare di incastrarle tali e quali nel copy del tuo prodotto, ma vuol dire descriverlo come se lo facesse un cliente. Oppure, in modo poco diverso, descrivere il prodotto e usare i pareri dei clienti per supportare questa descrizione.

Il risultato è una storia unica, sempre coerente e veritiera, ma che ha al suo interno questo ingrediente segreto, il quale fa si che il potenziale cliente voglia ritrovarsi in quella situazione piacevole usando ciò che stai cercando di vendergli.

Come usare bene gli elementi di Social Proof

Gli elementi di Social Proof sono essenziali per il tuo sito, senza dubbio.

Ma quando e come usarle per farle rendere al massimo?

In primo luogo ovviamente devi capire quale tipo di Social Proof va meglio per il tuo sito. Se ti rivolgi principalmente ad un mercato B2B i Case Study funzionano meglio delle recensioni, e se ti rivolgi ad un mercato B2C vale il contrario.

Ma dopo di questo, sebbene sia vero che questi elementi vadano bene in qualsiasi landing page, esistono delle pagine dove stanno meglio di altre, almeno in termini strategici.

Ad esempio: se hai un funnel e ad un certo step vedi che c'è un drop significativo che non si spiega, in seguito ad una ricerca di tipo qualitativo potresti scoprire che manca qualcosa. Questo è un buon punto dove inserire ciò che i tuoi clienti dicono di te, perché invoglia a proseguire la navigazione. Oppure un altro punto dove è strategico mettere elementi di Social Proof nella pagina subito prima del checkout, in modo da dare un'ulteriore spinta e conferma al potenziale cliente.

Ancora un esempio: esistono delle recensioni dove c'è scritto qualcosa per cui il tuo prodotto non va bene? Possono tornarti comunque utili. Infatti nella pagina di descrizione del prodotto potresti esporre questo tipo di riscontri da parte dei clienti in modo da comunicare eventuali punti critici o, in generale, informare meglio i tuoi visitatori.

Conclusioni

Tutti gli studi che sono stati fatti riguardo gli elementi presentati in questo articolo hanno dimostrato come questi siano utili ad aumentare le conversioni. Sono dunque, come già menzionato più volte, elementi essenziali per un sito.

Allo stesso tempo però, si è visto come in certi casi alcuni elementi di Social Proof funzionassero meglio di altri, con redimenti che variavano anche fino al 20%. Quindi è fondamentale fare i test e capire le posizioni migliori ed i punti chiave dove questi rendono meglio.

Se sei curioso di approfondire riguardo la CRO, ecco per tue un articolo che abbiamo scritto.

Se hai domande o dubbi, non esitare a contattarci 😉

 

12 Gennaio 2021

Le ricerche qualitative per aumentare le Conversioni

Spesso basarsi esclusivamente sui dati quantitativi per migliorare il proprio sito rappresenta un limite al processo di ottimizzazione.
I dati offrono informazioni di grandissimo valore e bisogna saperli sfruttare al massimo, ma per una ricerca completa e per formulare ipotesi solide non bastano.

Esiste un altro tipo di analisi, diverso da quella quantitativa, che si concentra sui perché  e sul capire le motivazioni che spingono gli utenti a fare certe scelte o ad agire in un certo modo: l'analisi qualitativa.
Questo tipo di analisi cerca di spiegare il modo di comportarsi e di scegliere degli utenti.

Da qui l'esigenza di fare ricerche qualitative per aumentare le conversioni.

Pensa ad un funnel che ad un certo punto vede una percentuale di uscita molto grande, questo è un problema le cui cause possono essere scoperte molto più facilmente con un'analisi di tipo qualitativo che non quantitativo. Nel cercare le cause i dati spesso non sono abbastanza.

Dunque l'analisi qualitativa cerca proprio di scovare quello che c'è nella testa dei propri utenti, che cosa pensano? perché scelgono in modo diverso in situazioni diverse? perché si bloccano in certi punti della navigazione? e così via...

Nell'articolo vedremo:

  1. Perché è importante capire come condurre le analisi qualitative
  2. Come si conducono le migliori ricerche qualitative

  3. Interviste e sondaggi

Iniziamo!

Perché è importante capire come condurre le analisi qualitative

La ricerca qualitativa ha sempre a che fare con le persone.

Cosa gli chiedi, come lo fai e quando lo fai influenza in modo non trascurabile le loro risposte. I tuoi utenti potrebbero anche mentire per compiacerti, o darti certe risposte perché la domanda stessa è fatta in modo tale da alimentare certi pregiudizi ("Pensi che questo metodo di pagamento sia più sicuro?" e "Non pensi che questo metodo di pagamento sia più sicuro?" sono due domande diverse che non ricevono le stesse risposte in percentuale).

Ci sono principalmente due fattori che ci influenzano quando vogliamo ottimizzare: l'attenzione e le aspettative preesistenti.

Spieghiamo meglio.

Tutti vogliamo capire come la UI serva a convertire, quali ostacoli esistono ancora o dove ci sono dei punti critici, ma spesso quando cerchiamo di condurre uno studio per migliorare certi aspetti del sito lo facciamo sempre alla stessa maniera, e questo ci impedisce di vedere chiaramente i risultati delle nostre analisi.

Quando osserviamo i nostri utenti arrivare sul sito, andare avanti, scegliere, valutare, etc. tante volte le aspettative che abbiamo ci fanno deviare dai risultati di analisi perché non siamo attenti e perché cerchiamo delle conferme a delle ipotesi che abbiamo già in testa.
Questo ci fa allontanare con il rischio di aver assunto delle conclusioni che non sono complete o che sono addirittura sbagliate. Ritorniamo sempre ai dati di retention, decision to act, success rate, senza valutare l'insieme e le informazioni che non sono presentate da numeri.

Per questo motivo il come si conducono le analisi qualitative conta tantissimo.

Come si conducono le migliori ricerche qualitative

Il punto di partenza per un'analisi qualitativa fatta bene è sempre lo user testing. Questo tipo di procedura va spesso condotto insieme allo usability testing e permette di vedere come le persone interagiscono con il sito e, a livello generale, come questo viene usato da un utente medio. Allo stesso tempo il nostro user può fornire delle risposte dirette su problematiche che ha riscontrato o semplicemente su alcuni suoi comportamenti in fase di post-analisi.

Lo user testing è una tecnica che si può usare a qualsiasi livello: da quando il sito è in una fase beta a quando è ultimato, anche modificato più volte per arrivare alla versione finale.

Bisogna però fare attenzione ad alcuni aspetti che potrebbero invalidare tutto questo modo di condurre la ricerca. In primo luogo bisogna selezionare gli utenti che andranno a testare con accuratezza e se necessario anche formarli, cosicché possano con più facilità prestare attenzione agli elementi importanti.

Anche qui, come per le domande, bisogna evitare il più possibile di alimentare alcuni pregiudizi o aspettative che potrebbe avere chi prova il sito, al al contrario, bisogna cercare di andare in fondo alle motivazioni di certe scelte o preferenze.

Poi non deve essere chiesto ai testers un lavoro troppo lungo, perché dopo un certo periodo potrebbero stufarsi e non prestare più attenzione a quello che hanno davanti. In genere è bene che lo user testing duri al massimo 20-25min.

Un'altra cosa che da ottimi risultati è fornire a coloro che testano il sito due versioni diverse, questo aiuta a capire cos'è davvero importante per gli utenti e cosa funziona meglio in una o nell'altra versione.

Un'altra tecnica di analisi qualitativa è richiedere ai propri utenti di completare dei goals. Questo mette subito in evidenza quanto sia facile o meno fare un certo percorso, quanti clicks ci vogliono, in quali punti non si trovano gli elementi per andare avanti, etc. Richiede poco tempo, ma fornisce tante informazioni per poter iniziare a ottimizzare.

Un ultimo tipo di analisi qualitativa è la trascrizione e lo studio delle conversazioni con l'assistenza del sito. Questo permette di avere degli insight che non si avrebbero praticamente in nessun altro modo e anche di avere un risconto diretto con i problemi che incontrano gli utenti, perché di solito le chat vengono usate solo quando gli utenti hanno qualche tipo di problema. Ma non solo! Se ad esempio in tanti chiedono dove poter trovare un prodotto che sanno esistere sul sito, vuol dire che è assolutamente necessario renderlo più visibile con un posizionamento migliore.

Le interviste ed i sondaggi

Poter intervistare i propri clienti o utenti è di certo uno dei modi migliori per ricavarsi delle informazioni preziose per lavorare sul CRO.

Senza dubbio poter parlare con persone che fanno parte del proprio target di clientela ha una miriade di benefici perché loro sanno già perché il vostro prodotto/servizio piace o non piace, cosa li ha spinti a comprare, cosa li fermava, etc. A differenza degli utenti che possono avere a volte le idee confuse, i clienti sanno già spiegare e motivare le proprie scelte in merito ai vostri prodotti.

Sebbene possano essere lunghe in termini di tempo, riescono ad offrire insights che nessun altro metodo si analisi riesce ad offrire.

In concomitanza alle interviste, parlare con il proprio team di Customer Service, il quale è tutto il giorno a contatto con i propri clienti è un'altra risorsa da sfruttare. Spesso non si pensa di parlare anche con loro, ma una buona parte dei problemi sul nostro sito potrebbe essere risolta grazie partendo proprio da qui.

Oltre alle interviste ci sono anche i sondaggi. Questi funzionano molto bene per capire chi è il cliente, quello che vuole, cosa si aspetta dal nostro prodotto e quali dubbi aveva prima di acquistare. Il momento migliore per proporre un sondaggio ad un cliente è subito dopo l'acquisto o entro i 30 giorni da questo.

I migliori sondaggi hanno domande aperte e mirano a captare 4 informazioni fondamentali:

  1. Chi sono i clienti. Attenzione a come identificano se stessi!
  2. Quali sono le loro intenzioni e quale problema stanno cercando di risolvere
  3. A cosa prestano attenzione quando comprano
  4. Dubbi, perplessità o motivi che li trattengono dal comprare

Ed infine le "golden questions" sono:

  1. Qual é quella cosa che ti ha fatto quasi rinunciare a comprare?
  2. Qual é stata la tua più grande paura navigando o comprando sul sito?

Conclusioni

Le ricerche di tipo qualitativo aiutano davvero ad entrare nella testa dei propri clienti e ad aumentare le conversioni.

Sono fondamentali per costruire delle ipotesi per migliorare che siano davvero valide, perché saprai come i tuoi utenti pensano, come scelgono, come decidono, cosa vogliono e come lo vogliono ed inoltre avrai già metà del lavoro pronto per quando andrai a lavorare sulla tua Customer Journey Map.

I dati sono fondamentali per un business, ma capire i perché  sarà la cosa che ti porterà al di sopra della concorrenza in termini di conversioni.

L'analisi qualitativa è fondamentale, e speriamo di averti convinto/a!

Se hai domande Contattaci, saremo felici di aiutarti 🙂

 

7 Gennaio 2021

Cos’è una Customer Journey Map?

In questo articolo vedremo cos’è una Customer Journey Map (CJM) e a che cosa serve.

Il punto di partenza è la necessità di mettersi nei panni degli utenti o dei clienti per comprendere il loro comportamento e in generale il loro punto di vista per quel che riguarda il nostro sito.

Questo tipo di analisi, di certo più qualitativa che quantitativa, ti permette di capire il perché di certe problematiche o azioni e tante volte mostra anche come risolvere o migliorare, perché individua alcuni punti critici della user experience.

Vedremo quindi:

  1. Cos’è una Customer Journey Map
  2. Le categorie di Customer Journey Map
  3. 4 Motivi per creare e usare le CJM

Iniziamo!

Cos’è una Customer Journey Map

Una Customer Journey Map è una visione d’insieme del modo di interagire degli utenti con il tuo sito, con una pagina del tuo sito o con un prodotto specifico, dal quando entrano fino a quando comprano o abbandonano il sito.

Come suggerisce il nome stesso, la CJM è proprio la mappatura dei percorsi che gli utenti tendono a fare di più.

Guardando le azioni e cercando di capire i pensieri, le emozioni e le motivazioni che spingono gli utenti ad assumere certi comportamenti o a fare certe decisioni navigando il tuo sito, una CJM ti aiuta a capire meglio e ad identificare quali e dove sono i problemi, perché in alcuni punti la navigazione si interrompe, quali sono i momenti critici che fanno abbandonare il sito, dove gli utenti trascorrono più tempo, etc.

Le categorie di Customer Journey Map

Quando si parla di Customer Journey Map, queste si possono dividere in 2 categorie principali:

  • da una parte le mappe molto focalizzate, che comprendono solo il percorso degli utenti sul sito o su specifiche pagine di esso e che permettono di approfondire molto i vari step. Questa è la CJM di un tipico cliente AirBnB, da quando l'utente inizia a cercare le date a quando prenota

  • dall’altra parte le mappe “ad ampio raggio”, che cercano di tracciare e ricreare il percorso degli utenti anche al di fuori del sito, prima e dopo che venga visitato, per creare una visione d’insieme ancora più ampia e completa. Questa è la CJM di una compagnia teatrale che segue i clienti da quando prenotano i biglietti (sia online che offline) fino a quando non sono in sala ad attendere l'inizio dello spettacolo

4 Motivi per creare e usare le Customer Journey Map

Andando oltre i motivi menzionati nell’introduzione di questo articolo, è chiaro come una custumer experience di alto livello dia un vantaggio competitivo, e per offrire un’esperienza davvero unica ai tuoi utenti, la CJM è un passaggio imprescindibile.

Ti permette infatti di:

Capire le motivazioni che spingono i visitatori del tuo sito a fare certe azioni e come questi si muovono

E’ molto diverso presentare al proprio team grafici, schemi e trend riguardo i propri utenti e presentare una sola mappa che parla di cosa gli utenti pensano, fanno e potenzialmente si aspettano.

Avere uno strumento che presenta tutto il necessario in una volta sola fa la differenza! Ma la CJM non parla solo di dati, espone anche le motivazioni di certi comportamenti ed evidenzia alcuni punti critici del sito dove ci sono le interruzioni più frequenti della navigazione.

Ad esempio: perché alcuni utenti tornano a comprare solo dopo mesi?

Creare un allineamento tra i vari team del tuo business

Le migliori CJM non hanno il solo fine di informare la UX o il Marketing team.
Infatti queste sono un modo molto facile e veloce per far capire a chiunque lavori nella tua azienda o al tuo sito come sono viste le cose dal punto vista dell’utente.

Questo è molto importante perché permette di lavorare alla visione di fondo che l’azienda ha e di conseguenza anche chi non lavora direttamente sulla user experience può costruire o migliorare avendo presente quelli che sono ancora dei punti critici per la navigazione degli utenti.

Il fatto che l’intera azienda abbia presente quali siano i problemi per gli utenti conta tantissimo, perché permette un’evoluzione generale strutturata, che si corregge andando avanti e che si porta dietro meno errori/problemi.

Ad esempio: se alcuni clienti si sono lamentati dell’imballaggio dei propri pacchi, chi lavora nell’area che si occupa delle spedizioni non può saperlo finché non viene informato, allo stesso tempo, chi lavora per il dipartimento di product development potrebbe essere informato per pensare ad un nuovo packaging del prodotto più sicuro.

Rimuovere dei silos interni e chiarire aree di appartenenza (dei vari problemi)

Nel caso di aziende che iniziano ad essere medio-grandi potrebbe diventare comune avere delle aree di lavoro ben chiare, ma di avere problemi che riguardano più aree aziendali.
Per evitare che alcuni problemi vengano rimbalzati da un’area all’altra in continuazione senza che si lavori effettivamente per la soluzione, anche qui la CJM viene in aiuto.

Le informazioni delle problematiche infatti possono essere così dettagliate infatti, soprattutto nelle mappe molto focalizzate, che vengono immediatamente individuati coloro che possono risolvere quel problema.

La CJM funziona proprio come un punto fermo dove chiunque in azienda può andare a vedere se un certo problema sia di sua competenza o meno.

Ad esempio: se durante il check out il sito bugga più volte e questo causa una perdita considerevole di cliente sarà il programmatore ad occuparsene, se invece i clienti continuano a cliccare su scritte o bottoni che non devono essere cliccabili, sarà il designer ad intervenire per cercare di evitare questo fenomeno.

Apportare migliorie perché sempre più utenti diventino clienti

La CJM è uno strumento che tra i fini ultimi ha ovviamente quello convertire.
Che si tratti di una semplice iscrizione ad una newsletter o di un acquisto, l’utente deve arrivare infondo ad un percorso e convertire.

Una volta che tutti coloro che fanno parte del business sono allineati è più facile avere un impatto che davvero funzioni perché ogni pezzettino del sito è pensato, creato, implementato andando nella stessa direzione.

L’esperienza degli utenti, se fluida dall’inizio alla fine porta ovviamente ad un tasso di conversione maggiore, perché non ci sono blocchi.
Meno motivi ha il cliente per abbandonare il sito, meglio è.

Una CJM fatta bene ti fa concentrare molto sugli utenti e sui loro problemi, risolverli non può che far aumentare il tasso di conversione

Conclusioni

In fin dei conti, per avere una Customer Journey Map che non sia fine a se stessa, questa deve offrire davvero valore, ispirazione, chiarezza e soprattutto devi poter fare delle implementazioni basandoti su di essa, anche se è un'analisi qualitativa e non quantitativa.

Una volta definite anche le priorità con cui devono essere affrontati i vari problemi, non rimane che implementare e monitorare i risultati.

Tutto questo parte dall’avere i dati giusti, quindi bisogna raccoglierli in modo adeguato (senza perdersi nulla per strada) ed elaborarli con metodo per poter arrivare a decisioni concrete.

Se questo argomento ti appassiona e vuoi saperne di più sul come i tuoi utenti si comportano e decidono una volta che sono sul tuo sito, Google ha da poco realizzato uno studio avanzato su questo tema. Noi ci abbiamo fatto un webinar, è gratuito, e ti consigliamo di guardarlo, non te ne pentirai!

Se hai dubbi o domande Contattaci, saremo felici di aiutarti!

3 Settembre 2020

Nuova Integrazione Hotjar e Google Optimize: una bomba per il tuo CR

Da oggi, con la nuova integrazione tra Hotjar e Google Optimize, puoi confrontare l'user behavior nelle tue varianti dell'esperimento. Si tratta di un'integrazione molto interessante perché queste due piattaforme sono davvero cruciali nell'ottimizzazione del nostro sito e nell'aumento del Conversion Rate.

Vuoi vedere perché le tue varianti di test funzionano meglio?

La nuova integrazione di Hotjar con Google Optimize semplifica l'esplorazione e il confronto delle differenze nel modo in cui gli utenti sperimentano le varianti di test del sito web. Il flusso di lavoro di Hotjar x Optimize è ideale per empatizzare con quanto bene gli utenti sono in grado di completare i loro obiettivi e trarre conclusioni migliori sui vostri test.

Come funziona l'integrazione

  • Hotjar rileverà automaticamente gli esperimenti Google Optimize sul tuo sito
  • È possibile filtrare le registrazioni di Hotjar ottimizzando l'ID dell'esperimento e le sue varianti
  • All'interno della lista delle registrazioni (recordings) ti verranno mostrate le sessioni utente che sperimentano le diverse varianti

Cos'è Google Optimize

Optimize è uno strumento di testing e ottimizzazione che fa parte di Google Marketing Platform. Rende facile eseguire A/B test, test multivariati e reindirizzare i contenuti del tuo sito web per vedere cosa funziona meglio per i visitatori del tuo sito.

Cosa sono gli Hotjar Recordings

Partiamo prima da che cos'è Hotjar...
Si tratta di uno strumento molto utile per chi si occupa di analisi dati. Ci permette di capire in modo visivo come gli utenti si comportano su pagine specifiche del nostro sito. Per dirlo con le loro parole “the fast & visual way to understand your users”. Se vuoi approfondire, Stefano ha scritto un articolo su come utilizzare al meglio Hotjar, lo trovi qui.

All'interno della funzione Recordings di Hotjar puoi vedere registrazioni di azioni reali intraprese dai visitatori mentre navigano sul tuo sito, catturando i movimenti del mouse, clic, click e scorrimenti e navigazione su più pagine. Le registrazioni consentono di identificare problemi e punti di frizione che gli utenti devono affrontare in modo da permettervi di  migliorare l'esperienza utente (UX) e il conversion rate del vostro sito.

Se hai domande non esitare a contattarci 😉

11 Ottobre 2018

Cos’è Hotjar e come utilizzarlo

In questo articolo vedremo insieme che cos'è Hotjar, perché utilizzarlo e per quali tipi di analisi. Vedremo i concetti di mappe di calore, registrazioni e sondaggi.

Che cos'è Hotjar

Hotjar è uno strumento molto utile per chi si occupa di analisi dati. Ci permette di capire in modo visivo come gli utenti si comportano su pagine specifiche del nostro sito. Per dirlo con le loro parole "the fast & visual way to understand your users".

Perché usare Hotjar

Ora che sai cos'è Hotjar, prima di partire facciamo una premessa: come Digital Pills non abbiamo nessun interesse a consigliare Hotjar, ci sono molti altri strumenti che vanno altrettanto bene. Parliamo di Hotjar perché è conosciuto, ha una versione gratuita ed è quello che utilizziamo con la maggior parte dei nostri clienti. Nel caso tu conosca altri strumenti scrivi ad hello@digitalpills.it per avere la nostra opinione in merito.

Premessa fatta, veniamo al dunque. Il lavoro di chi fa analisi dati è molto complesso (anche molto divertente), ma spesso ci troviamo di fronte a dei vicoli ciechi. Ad esempio, grazie ad Analytics ci siamo resi conto che una pagina importante del nostro sito, una pagina di vendita (per esempio) ha un tasso di conversione molto basso. Abbiamo capito che gli utenti si bloccano su quella pagina e per qualche motivo non procedono verso il checkout e quindi verso l'acquisto dei prodotti.

Ricordiamoci sempre gli obiettivi delle nostre analisi e delle seguenti ottimizzazioni. È importante ragionare per obiettivi di lungo termine (ad esempio raccolta di lead o acquisto prodotti) e non per micro obiettivi. I micro obiettivi sono utili se ci permettono di raggiungere il nostro obiettivo reale, altrimenti vanno trascurati.

Torniamo a noi: una volta identificato il problema, Google Analytics non ci dice molto altro, possiamo sapere il tempo speso sulla pagina, il bounce rate, se lo abbiamo impostato anche lo scroll rate, ma è molto difficile identificare i motivi delle basse performance. Ed è qui che Hotjar ci viene in aiuto.

Quali tipi di analisi possiamo fare con Hotjar

Hotjar permette di fare molte analisi, le più utili secondo noi sono 3: heatmaps, recording e polls.

Le heatmaps (mappe di calore)

Questo strumento, una volta configurato, ci permette di approfondire con analisi quantitative il comportamento degli utenti su una pagina specifica. Da questo report possiamo ricavare fondamentalmente 3 informazioni (suddivise per Device):

hotjar

  • Dove gli utenti cliccano. Possiamo vedere ad esempio se alcune aree del sito non sono cliccabili, ma gli utenti cercano comunque di selezionarle.
  • Come gli utenti si muovono all'interno della pagina. Immaginiamo di voler capire come gli utenti utilizzano il menu, questa analisi ci può dare delle informazioni interessanti su come gli utenti si muovono all'interno della pagina.
  • Lo scroll rate. Fino a che punto della pagine gli utenti scendono in media? Se ad esempio la nostra call to action si trova oltre la metà della pagina e solo il 40% degli utenti ci arriva, vuol dire che il 60% delle persone che visita la pagina non avrà visualizzato il messaggio principale che volevamo far passare.

Tutto questo diviso per device ci può dare delle informazioni molto importanti sul comportamento e su possibili ottimizzazioni. Ipotizziamo per esempio che la nostra sales page sia stata pensata da desktop, ma che il nostro traffico sia principalmente da mobile. Magari da desktop funziona molto bene, mentre da mobile le performance sono pessime.

Le stesse analisi si potrebbero fare con Google Analytics, ma prenderebbero moltissimo tempo per il set-up.

I recordings (registrazioni)

hotjar recordings

Siamo quindi arrivati al punto in cui abbiamo identificato l'esistenza di un problema, grazie alle mappe di calore abbiamo capito un po' di più sulle motivazioni, ma ci mancano dei dati qualitativi per trarre le conclusioni e procedere con le ottimizzazioni. Hotjar ci mette a disposizione le registrazioni. Possiamo ad esempio andare a vedere come gli utenti utilizzano il nostro sito da desktop rispetto a come lo utilizzano da mobile. Su quali testi si soffermano, cosa invece viene saltato completamente. Se abbiamo anche già identificato possibili problemi con le mappe di calore possiamo andare ad analizzare elementi specifici per risolverli. Se per esempio sappiamo che da mobile le persone non arrivano fino in fondo alla pagina possiamo cercare di identificare quali siano i contenuti su cui le persone si soffermano e che riteniamo più importanti.

Questo report ci fornisce delle analisi qualitative che devono essere utilizzate per capire nel dettaglio come risolvere un problema già identificato a livello quantitativo.

I polls (sondaggi)

sondaggi hotjar

I sondaggi sono l'ultimo dei report che consigliamo di utilizzare. Ci servono per trasformare le analisi viste sopra in feedback dei nostri utenti. Se per esempio abbiamo capito che le persone che arrivano sulla nostra pagina di vendita escono senza fare niente, senza neanche arrivare alla call to action, possiamo ad esempio chiedere "che cosa manca secondo te in questa pagina?".

Lo sappiamo, vi state chiedendo: "chi risponderà?" Anche noi la pensavamo allo stesso modo, ma ci siamo stupiti del contrario. Queste risposte sono oro colato per noi, perché ci permettono di trovare la risposta al problema senza troppi sforzi e soprattutto senza basarci sulle nostri opinioni, ma sui feedback degli utenti (che alla fine sono le persone che comprano il nostro prodotto).

Conclusioni su Hotjar

Una volta identificata un'area da ottimizzare, Hotjar ci permette di fare un passo in avanti sulla ricerca dei problemi e delle motivazioni unendo analisi qualitative e quantitative.

Ora che hai scoperto cos'è Hotjar, non ti resta che usarlo e sfruttarlo al massimo! Se hai qualche domanda non esitare a contattarci, saremo felici di aiutarti!

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