21 Ottobre 2020

Cosa fare quando il tuo sito non converte

Oggi vorrei parlarti di una domanda che ci viene spesso fatta e che è più o meno così: Il mio sito non converte come vorrei, come mai?

Bene, vediamo come scoprirlo in questo breve articolo.

Come capire come mai il sito non converte

Per rispondere a questa domanda è utile integrare analisi quantitative e qualitative, questo perché le analisi quantitative, in particolare quelle con i dati di Google Analytics, ci permettono di capire il che cosa (dove sono i problemi) ed il quanto (quanto sono grandi), ma non sempre ci aiutano ad identificare le motivazioni e di conseguenza le soluzioni.

Un esempio?

Posso identificare le pagine con i tassi di conversione peggiori, ma per capire il motivo la soluzione migliore è chiedere direttamente ai miei utenti.

Ecco allora alcuni consigli Digital Pills per impostare velocemente e correttamente alcune analisi.

Quali analisi fare per scoprire come mail il sito non converte come vorremmo

Utilizzando Google Analytics prova ad individuare le aree del sito con opportunità di ottimizzazione. Gli approcci che puoi utilizzare sono tantissimi, eccone alcuni tra i nostri preferiti:

  • cerca i punti di drop off del tuo funnel di acquisizione: da dove se ne vanno i visitatori?
    Quale step del percorso è particolarmente critico?
    Se hai un e-commerce c’è un report apposito che ti permette di individuarli: si chiama “Shopping Behaviour Funnel"

 

  • Cerca trend tra le pagine più visitate o le principali pagine di atterraggio e i tassi di conversioni o i tassi di uscita: Cosa accomuna le pagine più performanti? e quelle meno performanti?

 

  • Cerca correlazioni: c’è un qualche tipo di correlazione tra gli iscritti alla newsletter e le conversioni? c’è un segmento di utenti particolarmente propenso alla conversione o meno propenso?

A questo punto avrai alcuni spunti. Continua a investigare con ricerche qualitative.

 

Le analisi qualitative possono aiutarti

Ecco alcuni esempi di analisi qualitative che puoi fare:

  • Ti sei accorto che uno step critico del funnel è rappresentato dalle pagine di categoria.
     Conduci degli
    User testing con 5-6 persone per capire dove si bloccano.
    Prepara dei task precisi da fargli fare, chiedi loro di parlare ad alta voce mentre navigano esponendo tutti i loro dubbi. La maggior parte dei grandi problemi di usabilità li troverai semplicemente così. I filtri presenti sono quelli più adatti? Riescono a trovare velocemente il prodotto che stanno cercano? Hanno tutte le informazioni che vogliono? Potrai rispondere a queste e molte altre domande

 

  • Hai individuato alcune pagine prodotto con un tasso di aggiunta al carrello inferiore alla media.
    Progetta un
    micro survey online che compare al visitatore quando sta per abbandonare la pagina chiedendogli perché non ha aggiunto il prodotto al carrello. Se hai abbastanza traffico raccoglierai molti feedback utili.
    Ricordati però che alcuni utenti trovano questi sondaggi intrusivi, quindi non lasciarli online troppo a lungo

 

  • Il problema si trova sulla landing page di una campagna a pagamento che ha un bounce rate molto alto.
    La maggior parte delle volte i primissimi attimi sono i responsabili del bounce: c’è qualcosa nella sezione above the fold che proprio non convince e blocca l’utente. In questo caso il
    5 second test può essere molto utile.  Apri la pagina in questione sul tuo cellulare, ferma una persona che non conosce il tuo sito, fagli vedere l’immagine per 5 secondi e poi chiedigli a cosa pensa si riferisca e cosa ne pensa. Le risposte ti sorprenderanno. 

 

 

Conclusioni

Quando analizzi una landing page considera che un altro fattore molto importante è rappresentato dalla coerenza/rilevanza del messaggio: il messaggio della landing è coerente con quello dell’annuncio? il tono che usi e la CTA sono in linea con le aspettative del cliente e con la fase in cui si trova l’utente?

Speriamo l'articolo ti sia piaciuto e se hai domande non esitare a contattarci!

 

16 Ottobre 2020

Il nuovo Google Analytics 4

Dopo diversi mesi in cui soltanto gli addetti ai lavori erano eccitati dalla notizia, Google ha finalmente deciso di uscire allo scoperto e annunciare al mondo intero il rilascio della nuova versione di Google Analytics: quella che fino a poco tempo fa era nota come Google Analytics App+Web, e che adesso è stata ribattezzata Google Analytics 4.

Noi di Digital Pills terremo un webinar (ti puoi iscrivere a questo link) in cui Stefano ed Emanuele ci sveleranno in anteprima tutte le novità di questo strumento. Siamo davvero contenti dell’arrivo di questa innovazione, e siamo convinti che dopo aver toccato con mano il cambiamento lo sarai anche tu.

In questo articolo vedremo le più importanti novità di questa nuova versione di Google Analytics, in particolare:

  • Interfaccia 100% rinnovata
  • Tracciamento semi-automatico
  • Funzioni avanzate disponibili per tutti
  • Segmentazione avanzata
  • Goal retroattivi
  • Integrazione di dati app e web
  • Limiti
  • Come iniziare ad usare Google Analytics 4?
  • Google Consent Mode

Interfaccia 100% rinnovata

La prima cosa che colpisce un utente abituato a lavorare con la vecchia versione di GA è la velocità della nuova interfaccia.
Questo è possibile grazie al fatto che il nuovo Google Analytics è stato completamente ripensato dalle basi, a partire dallo schema di raccolta dati che diventa 100% event-based rispetto al vecchio session-based.

In Google Analytics 4 infatti i dati sono raccolti, processati ed immagazzinati secondo il data modelling di Firebase (per approfondimenti su questo tema ti rimando al webinar di Stefano). Ed è proprio grazie a questo che è possibile integrare i dati web e quelli app.

Un’altra cosa che noteranno gli utenti più attenti è che il numero di report standard (quelli consultabili attraverso l’interfaccia) è stato drasticamente ridotto.
Questo perché sarà incentivato un utilizzo più “maturo” dello strumento, tramite la diffusione di strumenti prima riservati soltanto alle aziende più grandi che potevano permettersi la versione a pagamento di GA, ovvero GA360. 

Tracciamento semi-automatico

Come non ci stanchiamo mai di ripetere, con il “vecchio” Google Analytics l’unica interazione tracciata di default era la pageview. Questo significava che per monitorare interazioni più interessanti come lo scroll, il click sui link verso altri siti, la visualizzazione di video e molto altro era necessario utilizzare GTM o codice Javascript in pagina. 

Con il nuovo Google Analytics è possibile selezionare un’opzione per fare in modo che molti di questi eventi siano tracciati in automatico. Comodo, no?

ATTENZIONE! Questo non vuol dire che potrai fare a meno di GTM, che rimarrà sempre uno strumento essenziale per implementare un tracciamento di qualità, ma solo che potrai velocizzare il modo con cui GA viene implementato.

Funzioni avanzate disponibili per tutti

Con la nuova versione di GA sono finalmente disponibili per tutti gli utenti due potenti strumenti prima riservati al pubblico delle grandi aziende. Stiamo parlando delle funzioni analysis e accesso ai dati RAW di BigQuery. Vediamo nel dettaglio in cosa consistono. 

1. Analysis tool

Si tratta di uno strumento molto potente che permette di creare report avanzati direttamente all’interno di Google Analytics.
E’ possibile scegliere tra report di tipo funnel, sovrapposizione di segmenti, esplorazione utenti e molto altro: le possibilità sono davvero infinite. Per questo oggi più che mai è necessario farsi le domande giuste prima di entrare all’interno di Analytics

2. Dati RAW su BQ

Se in passato hai usato Analytics in modo avanzato, ti sarà sicuramente capitato di porti domande a cui non è possibile rispondere tramite la normale interfaccia visuale. Ad esempio “quanti utenti che hanno comprato un certo prodotto prima hanno effettuato una certa azione?” oppure “cosa ha fatto a seguito della conversione il mio utente XY, offline?”.

Si tratta di domande complesse perché richiedono l’unione di dati online e offline, oppure il mix di scope diversi all’interno di Google Analytics stesso.

Fino a poco tempo fa accedere ai dati grezzi (ovvero al database che sta dietro Google Analytics) era un’operazione riservata a pochi adepti che lavoravano per aziende con una licenza a pagamento di Analytics. Oggi tutto questo è disponibile per tutti, gratuitamente, utilizzando il nuovo Google Analytics.

Segmentazione avanzata

Quante volte avresti voluto creare dei segmenti avanzati all’interno di Google Analytics, ma le opzioni disponibili non te lo hanno permesso? Con il nuovo Google Analytics 4 è finalmente possibile creare segmenti come “utenti che sono atterrati su una determinata pagina e hanno convertito entro 10 minuti”.

Questo è solo un esempio di che cosa si possa fare con il nuovo GA4 e con le libertà che esso offre di muoversi tra i dati!

Goal retroattivi

Un altro grande limite del “vecchio” Google Analytics, risolto egregiamente con la nuova versione, è la possibilità di trasformare eventi in conversioni, con un solo click! E la notizia più bella è che questa operazione ha effetto retroattivo. Tutto questo è possibile grazie al nuovo data model event based. 

In generale, si potranno avere a disposizione tutti i dati, anche quelli per cui non si è impostato il sistema di tracciamento sin dall'inizio, che potranno essere recuperati per essere usati in seguito.

Integrazione di dati app e web

Sicuramente una delle novità più interessanti è la possibilità di integrare all’interno della stessa property (Data Streams all’interno di Firebase) i dati del tuo sito web e di eventuali app (Android e iOS).

Per poter visualizzare i dati del sito e delle app sarà necessario utilizzare la nuova versione di Google Analytics sul tuo sito e all’interno dello stesso stream installare l'sdk di Firebase sulla tua applicazione. In questo modo potrai avere una visione più completa delle attività dei tuoi consumatori! Per Google questo punto è talmente importante che aveva deciso di chiamare questa nuova versione di GA proprio Google Analytics App+Web! 

Limiti 

Ormai è chiaro che Google Analytics 4 sia il futuro di Google Analytics, al momento però è ancora in Beta. Dato che è stato ufficialmente comunicato da Google ci immaginiamo che la versione attuale sia già molto stabile. Il nostro consiglio è però (per il momento) di continuare ad implementare il nuovo Google Analytics 4 in parallelo alla versione classica solo per il web. In questo modo non avrai brutte sorprese e potrai beneficiare dei vantaggi di entrambi gli strumenti. 

Un secondo limite, non ancora risolto, riguarda l’importazione dei dati storici. Trattandosi di un sistema diverso Google Analytics 4 è in realtà Google Analytics for Firebase, non sappiamo ancora se sarà possibile importare i tuoi dati storici all’interno della nuova versione. Un motivo in più per implementare e mantenere per un po’ le due soluzioni in parallelo. 

Se vuoi una guida veloce per vedere come passare al nuovo GA4 e mantenere in parallelo il vecchio GA3, abbiamo scritto questo articolo.

Come iniziare ad usare Google Analytics 4? 

Anche tu non stai più nella pelle e non vedi l’ora di sporcarti le mani? Ecco cosa puoi fare:

  1. Iscriviti al webinar in diretta di Stefano ed Emanuele in cui spiegano nel dettaglio le novità di GA4
  2. Iscriviti alla newsletter di Digital Pills in cui pubblicheremo tutti i nuovi aggiornamenti (spoiler: stiamo preparando un nuovo corso) 
  3. Contattaci se hai bisogno di supporto e saremo felici di aiutarti! 

Per approfondire ulteriormente qui puoi trovare l’annuncio ufficiale di Google (in Inglese) e qui trovi la guida all’implementazione.

23 Giugno 2020

Metriche Core Web Vitals: cosa sono e come tracciarle

Oggi parliamo delle Metriche Core Web Vitals e scopriamo perché sono così importanti.

I proprietari dei siti web non dovrebbero essere dei guru delle performance per capire che tipo di esperienza stanno fornendo ai loro utenti.

Con questa frase Google ha annunciato l'iniziativa Web Vitals 2020, che ha l'obiettivo di identificare le 3 metriche chiave per descrivere l'esperienza dei visitatori di un sito web.

  1. Largest Contentful Paint
  2. Fist Input Delay
  3. Cumulative Layout Shift

Le tre core web vitals

Nell'articolo di oggi vedremo quali sono queste metriche e come possono essere misurate.

1. LARGEST CONTENTFUL PAINT (LCP)

Questa metrica misura la performance di caricamento di una pagina. Per avere un risultato buono, questo valore deve essere inferiore a 2,5 secondi. A differenza della "vecchie" metriche, il Largest Contentful Paint dovrebbe essere molto più accurata e permettere di farsi un'idea molto più precisa della reale esperienza di un visitatore.

Per ottenerla si misura il tempo che impiega ad essere visualizzato il più grande elemento presente all'interno della viewport (inteso in termini di dimensioni sullo schermo, non di peso in Kb).

largest contentful paint

Per capirlo basta guardare l'immagine qui sopra, dove viene evidenziato sul sito di Instagram e su Google l'elemento più grande della pagina. Nel caso di Instagram ad esempio è il logo, che viene caricato al terzo step nell'immagine.
Per approfondire questa metrica si può visitare la pagina realizzata da Google, molto dettagliata e interessante.

2. FIRST INPUT DELAY (FID)

Il First Input Delay misura il tempo necessario perché l'utente possa interagire con la pagina che sta visitando. Per avere un buon risultato, questa metrica deve essere inferiore a 100ms. Come vi sarà capitato, molto spesso quando visitiamo un sito dobbiamo aspettare un po' di tempo prima di poter interagire con la pagina. Questo perché in quei momenti il nostro browser è occupato a fare altro, ad esempio caricare JS o altri elementi.

Secondo Google, per fornire una user experience di alto livello il visitatore deve essere in grado di interagire con la pagina in meno di 100 millisecondi. Anche per questa metrica è stata realizzata una pagina ad hoc molto dettagliata che potrete trovare a questo link.

3. CUMULATIVE LAYOUT SHIFT (CLS)

Quante volte vi è capitato di visitare un sito, essere sul punto di cliccare un bottone, ma proprio mentre lo state cliccando tutta la pagina si muove e così finite per cliccare quello che non volevate? O magari state leggendo un articolo su un sito di news, tutta la pagina si sposta e voi perdete il segno?
Questa metrica si propone appunto di misurare tutti gli spostamenti inaspettati della pagina, durante tutta la sua vita sullo schermo dell'utente. Per avere un valore buono, il CLS deve essere inferiore a 0,1. Per approfondire ecco il link ufficiale di Google.

Queste erano le 3 principali Metriche Core Web Vitals, ora vediamo come misurarle.

Come si possono misurare i valori delle Core Web Vitals?

Abbiamo a disposizione 3 possibili strade, ognuna con i suoi pro e contro. Per questo abbiamo realizzato un articolo per ognuna delle soluzioni che la illustra nel dettaglio, clicca sul relativo link per scoprire come procedere!

  1. Utilizzare lo strumento Page Speed Insights che si trova a questo link. Questa tecnica è consigliata per avere un'idea di massima di come sta performando il sito in generale, ma ha diversi limiti che illustriamo nel dettaglio nell'articolo, clicca qui per leggerlo!
  2. Accedere al database pubblico su Big Query dei dati degli utenti di Chrome. Questa tecnica è consigliata a tutti coloro che vogliono approfondire i dati e segmentarli per paese, dispositivo e tipo di connessione. Anche qui abbiamo però alcuni limiti, clicca qui per leggere come accedere ai dati su Big Query.
  3. Impostare un sistema di monitoraggio con GTM sfruttando le API. Questa sicuramente è l'opzione che ci piace di più, abbiamo creato un articolo dettagliato per spiegare come procedere e un container da importare in pochi click per iniziare a tracciare senza nessun problema!

Quale di questi approcci ti interessa o convince di più? Faccelo sapere nei commenti!

5 Febbraio 2020

Come capire se i dati di Google Analytics sono affidabili

I dati e le statistiche che ci fornisce Google Analytics dovrebbero essere alla base delle decisioni di marketing in un’azienda data-driven, per questo è necessario che siano affidabili. 

Ma se i dati su cui ci basiamo sono sbagliati, anche le decisioni rischiano di esserlo.

Oggi vedremo alcuni controlli da fare per verificare l’integrità del sistema di tracking.

I requisiti di base sono i seguenti (dettagliati in seguito):

  • Tutte le pagine del nostro sito (domini e sottodomini) sono tracciate correttamente, ovvero viene registrata la visualizzazione quando una pagina viene caricata e questa informazione è inviata alla giusta property di GA
  • La struttura dell’account di GA deve essere allineata con le esigenze e con la struttura dell’azienda
  • Esiste una vista di Backup priva di filtri
  • Nella vista di GA utilizzata per le analisi non vengono filtrate via delle visite per errore

Una volta certi dell’integrità dei dati, passiamo a valutare il soddisfacimento di requisiti leggermente più avanzati:

  • Oltre alla visualizzazione di pagina, vengono tracciate anche altre interazioni da parte dell’utente (come click su bottoni, iscrizioni alla newsletter, completamento di form ecc)
  • Sono configurati degli obiettivi
  • Le campagne di acquisizione sono tracciate correttamente
  • Se il sito è un e-commerce, i report ecommerce sono abilitati e le revenue monitorate sono affidabili

Il tracciamento delle visualizzazioni di pagina

Quando installiamo Google Analytics su un sito web, di default vengono tracciate le visualizzazioni di pagina. In altre parole: tutte le volte che un utente carica una pagina, Google Analytics registra una pageview. 

Questo è il mattoncino su cui si basa tutto il resto, ed è importante che funzioni bene in tutte le pagine del sito. Dobbiamo verificare che questa informazione venga inviata alla giusta property e che GA la riceva. 

Per verificare che venga inviata facciamo dei check a campione su alcune pagine del sito (se è composto da diversi domini/sottodomini prendiamo una pagina per ognuno). Utilizzando un plugin, chiamato adswerve, e verifichiamo che al caricamento della pagina compaia effettivamente una riga nella console con scritto “GA-pageview UA-xxxxx” - che significa: “è stata inviata una visualizzazione di pagina alla property UA-xxxxx” come puoi vedere in questo video.

Se:

  • non compare nessuna riga corrispondente alla descrizione
  • compaiono più righe identiche 
  • la property indicata è sbagliata 

C'è un errore.

Inseriamo poi un parametro nell’url del nostro sito e ricarichiamo la pagina, ad esempio test=1: https://www.digitalpills.it/?test=1. Apriamo il report di GA “Content” sotto “Real-time” , filtriamo per test=1 e verifichiamo che la nostra visualizzazione sia effettivamente tracciata. 

Come ultimo controllo andiamo a vedere all’interno della vista che utilizziamo per le analisi se sono tracciati tutti i domini / sottodomini che ci interessano. Utilizziamo il report network e impostiamo come primary dimension “hostname”- come nell’immagine:

Nella colonna hostname devono essere presenti tutti i domini / sottodomini del nostro perimetro. Se ne manca qualcuno significa che stiamo perdendo dei dati, se ce ne sono in più li stiamo sporcando.

Struttura account Google Analytics + Vista Backup

Un’altra cosa da non sottovalutare è la struttura dell’account di GA. Se ci interessa analizzare come un utente si muove tra diversi sottodomini (ad esempio www.digitalpills.it e il sottodominio academy.digitalpills.it), è importante che questi si trovino all’interno della stessa vista e implementare quello che si chiama subdomain tracking.

Lo stesso discorso vale se ci interessa visualizzare come un’unica visita il percorso dell’utente che si muove tra diversi domini (ad esempio www.digitalpills.it e www.academy.it). In questo caso però bisogna implementare il cross domain tracking.

Solitamente la struttura è la seguente:

  • 1 account per azienda
  • n property, 1 per ogni sito gestito dall’azienda (se non interessa analizzare o non ci sono interazioni tra i siti)
  • n viste, almeno 3. Una “Master view”, una “Test view” e una “Backup view” priva di filtri. La presenza della "Backup view" e di una vista di Test assicurano che la totalità dei dati venga raccolta anche se alcuni tag non sono configurati correttamente, mentre la vista Master è il punto di accesso principale per tutte le analisi. 

Quando invece l’account non è creato da zero ma viene ereditato si può procedere così:

  • Se la vista esistente con i dati storici è completamente vuota (non sono presenti goals, custom channel, filtri ecc), allora questa può essere rinominata “Master View”. Questa è la situazione ideale perché avremo a disposizione dati storici nella Master view. 
  • Se però la view esistente è già stata fortemente configurata, non può essere utilizzata come Master view e bisogna crearla da zero quindi senza dati storici. Situazione da evitare quando possibile. 

Oltre le tre viste indicate, si possono creare altre commodity views, che dipendono dalle esigenze aziendali (ad esempio una con il sito di staging, o se ci sono diverse lingue, una per ogni lingua).

Filtri

Nella vista “Mater” è importantissimo fare attenzione ai filtri inseriti. Una volta che inseriamo un filtro e escludiamo delle visite, quei dati sono persi per sempre (per questo è importante prima testare i filtri nella vista di test e avere una vista di Backup)

Passiamo ora ai requisiti più avanzati

Una volta controllate le condizioni di cui abbiamo appena visto, possiamo passare a verificare i requisiti leggermente più avanzati per valutare la qualità/maturità dei nostri dati.

Ma prima una piccola pausa per rinfrescare la mente...

Tracciamento interazioni

Per assicurarci che stiamo tracciando anche altre interazioni oltre le visualizzazioni di pagina, dobbiamo andare nel report “Top Events” di GA e assicurarci che non sia vuoto. Le righe all’interno del report dovrebbero corrispondere a interazioni importanti che ci interessa tracciare:

Configurazione obiettivi

Abbiamo già fatto un articolo su questo argomento, perché è cruciale. Se non abbiamo configurato degli obiettivi all’interno del nostro account, lo stiamo sfruttando solo in parte. Per fare questo controllo, apriamo il report “Goal Overview” e assicuriamoci:

  1. che non sia vuoto 
  2. che per ogni goal configurato il totale di goal completions non sia zero, perché questo potrebbe essere indice di un errore di configurazione.

Tracciamento campagne

Verifichiamo ora che il tracciamento delle campagne sia corretto. Valutiamo i seguenti aspetti:

  1. La porzione di visite assegnate al canale “Other”. Queste solitamente rappresentano visite taggate in modo sbagliato (ovvero non in linea con le regole di GA link) e che quindi Analytics non sa a quale canale attribuire.
  2. La porzione di visite assegnate al canale Direct. Le visite assegnate al canale Direct rappresentano o visite dirette al sito (ad esempio l’utente digita l’url nella barra di ricerca) oppure visite non taggate (ad esempio dei link all’interno di una mail) di cui Analytics non riesce a riconoscere la fonte. Per questo secondo gruppo la soluzione è taggare il traffico ovvero inserire dei parametri utm nel link.
  3. Tra i referrals non ci deve essere il nostro stesso dominio.

Tracciamento acquisti per i siti e-commerce

Ultimo controllo da fare per i siti e-commerce riguarda il tracciamento degli acquisti. Prima di tutto, verifichiamo di aver abilitato il tracciamento e-commerce. 

Se cliccando sul report e-commerce visualizziamo la seguente schermata significa che non lo abbiamo implementato:

Se invece stiamo tracciando gli acquisti dobbiamo assicurarci che la discrepanza tra GA e il database sia inferiore al 10% e che le transazioni contate in GA non siano mai superiori a quelle presenti nel database. Quando due condizioni non sono soddisfatte è probabile ci sia un errore nel tracking. 

Conclusioni

E con questo abbiamo terminato la carrellata dei macro controlli che è bene fare quando si lavora con analytics. Se hai dei dubbi e non sei sicuro dell’affidabilità dei tuoi dati, scrivici pure a hello@digitalpills.it 🙂 

15 Novembre 2018

Come eliminare un account Google Analytics

Cosa imparerai in questo articolo

Hai un sito che non è più attivo ma il cui account è ancora su Google Analytics? Vuoi riordinare il tuo account Google Analytics e sbarazzarti finalmente delle proprietà che non usi più? Hai commesso degli errori in fase di set-up e vuoi eliminare la proprietà analytics con dati non corretti?
In passato abbiamo visto come creare un account di Google Analytics sia un'azione molto semplice; altrettanto semplice è l'eliminazione: in questo articolo vedremo tutti i passi di come fare per eliminare un account di Google Analytics.

Breve ripasso: struttura e gerarchia di un account Google Analytics

Il processo per l'eliminazione di account e proprietà di Google Analytics è molto semplice, ma richiede molta attenzione in quanto si tratta di un'azione irreversibile: dopo aver eliminato un account di un sito non potrai più usufruire dei dati storici e dei report relativi.
Al fine di individuare esattamente l'entità che vuoi eliminare, è bene rivedere velocemente la struttura e la gerarchia di Google Analytics.

Per accedere a Google Analytics devi disporre di almeno un account. L'account è il livello più alto del programma e ne è il punto di accesso. Un account può contenere una o più proprietà; una proprietà può essere un sito web o un'applicazione per dispositivi mobili. Infine una proprietà può avere una o più viste, il punto in cui gli utenti possono consultare i rapporti analytics.

Quando aggiungi una proprietà ad un account, Google Analytics genera il codice di monitoraggio univoco da utilizzare per raccogliere i dati relativi a tale proprietà: questo pezzo di codice JavaScript può essere aggiunto direttamente all'HTML di ogni pagina del tuo sito o indirettamente usando Google Tag Manager.
Proseguendo nel corso dell'articolo vedremo come eliminare un account (con tutte le relative proprietà e viste) e come eliminare una proprietà (lasciando attivo quindi l'account, popolato con le eventuali proprietà e viste rimanenti).

Eliminare un account Google Analytics

Condizione necessaria per eliminare un account di Google Analytics è possedere l'autorizzazione utente di tipo modifica a livello di account. Se abbiamo verificato di poter procedere possiamo seguire i seguenti passi:

  • accedere a Google Analytics;
  • cliccare su Amministratore (nella schermata di accesso, in basso a sinistra);
  • nella colonna di sinistra, quella relativa all'account, selezioniamo dal menù a tendina l'account che vogliamo eliminare; (se abbiamo solo un account, è già selezionato automaticamente);
  • sempre nella colonna dell'account, clicchiamo su Impostazioni account;
  • clicchiamo in alto a destra sul tasto che dice Sposta nel cestino.

Ecco fatto. Il tuo account, tutte le proprietà e tutte le viste contenute in esso verranno eliminate in maniera permanente entro 35 giorni. Considera attentamente che, una volta eliminato definitivamente un account, non sarà più possibile richiamare dati storici o reimpostare i tuoi report.

Eliminare una proprietà Google Analytics

Così come abbiamo visto per l'account, anche per l'eliminazione di una proprietà di Google Analytics è necessario possedere l'autorizzazione utente di tipo modifica. Se abbiamo verificato di poter procedere possiamo seguire i seguenti passi:

  • accedere a Google Analytics;
  • cliccare su Amministratore (nella schermata di accesso, in basso a sinistra);
  • nella colonna centrale, quella relativa alla proprietà, selezioniamo dal menù a tendina la proprietà che vogliamo eliminare (se abbiamo una sola proprietà, è già selezionata automaticamente);
  • sempre nella colonna della proprietà, clicchiamo su Impostazioni proprietà;
  • clicchiamo in alto a destra sul tasto che dice Sposta nel cestino;
  • apparirà una pagina in cui viene richiesta una ulteriore conferma, come ultimo punto non ci resta che cliccare su Elimina proprietà.

A questo punto la proprietà e tutte le viste sotto di essa sono state spostate nel cestino. Il cestino è uno spazio temporaneo dove risiedono tutte le entità indicate per l'eliminazione. L'eliminazione permanente e irreversibile avverrà 35 giorni dopo lo spostamento nel cestino. In questi 35 giorni è possibile ripristinare qualsiasi vista, proprietà o account (semplicemente recandosi nel cestino e applicando l'azione di ripristino).

Conclusioni

Come hai potuto vedere l'eliminazione di un account Google Analytics è un'operazione che richiede pochi e intuitivi passaggi. Occorre però sottolinearne ancora una volta le conseguenze: è necessario avere chiaro che dopo 35 giorni avviene l'eliminazione definitiva e i dati non saranno recuperabili in alcun modo. Un altro punto su cui porre la nostra attenzione è il fatto che chiunque possieda un account con autorizzazione di tipo modifica può procedere all'eliminazione di account e proprietà: spesso e volentieri è bene dunque fornire accessi in modalità lettura (che non permette una serie di operazioni delicate come l'eliminazione).
L'eliminazione di una proprietà analytics è un'azione molto utile per fare una pulizia efficace e riordinare il tuo account, ad esempio nel caso in cui continui a visualizzare domini obsoleti o siti che non sono più tra i tuoi clienti. Se invece hai eliminato il tuo account Google Analytics e ora hai intenzione di ripartire con un nuovo progetto e un nuovo sito, ti consigliamo di seguire gli step di questa guida che spiega come installare e configurare correttamente un nuovo account Google Analytics.

27 Settembre 2018

Cosa sono e come impostare i goal su Google Analytics

Oggi vedremo in questo articolo che cosa sono i goal su Google Analytics, a cosa servono, come impostarli e come usarli per la propria strategia di misurazione.

Che cosa sono i goal su Google Analytics

I goal su Google analytics sono specifiche azioni che permettono di valutare in che misura il sito realizza gli obiettivi che ti sei prefissato. Un goal rappresenta quindi la realizzazione di un'azione, chiamata conversione, che contribuisce al successo della tua attività.

Puoi configurare fino a 20 goal per view su google analytics, e il tuo obiettivo dovrebbe essere massimizzare il numero di visite in cui avviene il completamento di almeno un obiettivo. Se la percentuale di visite in cui ciò accade è bassa, è il caso di ripensare seriamente ad alcune questioni fondamentali:

  • Le strategie di acquisizione attuali portano traffico qualificato sul sito?
  • Il contenuto / la struttura del sito è sufficientemente efficace?
  • La user experience è di bassa qualità?

La definizione dei goal è il principale step di qualunque piano di analisi dei dati. Se gli obiettivi vengono configurati correttamente, Analytics fornisce informazioni di importanza critica, come il numero di conversioni e il tasso di conversione del sito. Senza queste informazioni, è quasi impossibile valutare l'efficacia delle attività e delle campagne di marketing.

Prima di configurare i goal su Google Analytics, è utile partire con carta e penna e schematizzare il processo di conversione, cioè identificare le azioni che ci aspettiamo che un visitatore compia prima di raggiungere il fine ultimo del sito. L’ultimo step di tale processo rappresenta il macro goal da configurare su Google Analytics (ad esempio la vendita del prodotto).

Oltre al macro goal è utile identificare quelle che secondo noi sono le milestone del processo, cioè quelle azioni che rappresentano una meta importante nel raggiungimento dell’obiettivo finale (ad esempio iscrizione alla newsletter, download PDF ecc).Una volta chiaro quello che secondo noi è il processo ideale, possiamo tradurre le milestones in goal.

Riassumendo, esistono MACRO e MICRO goal:

  • Macro goal = rappresentano gli obiettivi primari del sito, quelli per cui è stato progettato. Ad esempio la vendita per un sito di e-commerce o la generazione di lead per un sito di lead generation.
  • Micro goal = rappresentano azioni secondarie che gli utenti spesso effettuano prima di convertire o indicatori di interesse (es download coupon, chiedere info...)

I micro goal si possono dividere in due categorie:

  1. Milestone del processo: attività che rappresentano gli step precedenti che l’utente deve effettuare per arrivare all’obiettivo finale, il macro-goal.
  2. Azioni secondarie: indicatori di una potenziale macro conversione, di interesse e fiducia, ma non direttamente collegati alla conversione vera e propria.

Per un approfondimento più ampio su come  impostare una strategia di analisi con Google Analytics clicca qui.

A cosa serve tracciare i macro goal?

I macro goal sono gli elementi costitutivi dei key performance indicators (KPIs), le metriche chiave su cui bisogna basarsi per misurare il successo delle iniziative di marketing e di eventuali ottimizzazioni del funnel.

A cosa serve tracciare i micro goal?

Tracciare i micro goal può essere molto utile per identificare i punti di drop off del processo di conversione e quindi per progettare azioni di miglioramento della user experience del sito. È importante ricordarsi che i micro goal non rappresentano però dei KPIs. Nella pratica questo implica che le ottimizzazioni del sito, così come le nuove iniziative di marketing, devono avere come obiettivo l’aumento del tasso di conversione di un macro goal, e non di un micro-goal.

Come impostare i goal su Google Analytics

I goal sono configurati a livello di view: ogni view può includere un massimo di 20 obiettivi. E’ importante tenere in conto che i goal non possono essere eliminati una volta impostati, ma è possibile solo interrompere la registrazione dei dati ad essi relativi.

Puoi anche attribuire agli obiettivi un valore monetario, e questo costituisce una delle azioni più incisive che puoi fare nella configurazione di un sistema di tracking.

Infatti, l’obiettivo degli strumenti di web analytics non dovrebbe essere solo raccogliere informazioni sul flusso di clic. La finalità dovrebbe essere quantificare l’impatto e il valore economico del sito.

Inoltre, calcolare il valore del sito web permette anche di giustificare eventuali investimenti in ottimizzazioni e nuove iniziative di marketing

Set up

Per impostare i goal su Google Analytics:

  1. Vai su Admin > View
  2. Clicca su Goal > New Goal
  3. Seleziona l’opzione Custom
  4. Assegnare un nome al goal. Il nome deve essere chiaro e intuitivo, facile da interpretare anche per coloro che non lo hanno creato
  5. Selezionare il tipo di goal

Esistono 5 tipi di goal su Google Analytics:

  • Destinazione - l’obiettivo viene considerato raggiunto quando l’utente visualizza una pagina specifica, con l’URL da te indicato in fase di configurazione (es. Visualizzazione di una thank you page che indica l’avvenuto pagamento).
  • Durata - l’obiettivo viene considerato raggiunto quando la durata della sessione è maggiore di un tempo da te indicato (utile per i siti di contenuti, in cui la durata della sessione è indice di engagement).
  • Pagine/schermate per sessione - l’obiettivo viene considerato raggiunto quando l’utente visualizza un certo numero di pagine.
  • Evento - l’obiettivo viene considerato raggiunto quando l’utente effettua una determinata azione che corrisponde ad un evento su google analytics. Questa è la tipologia di goal maggiormente personalizzabile, in quanto può corrispondere a praticamente qualsiasi azione sul sito (click, scroll, visualizzazione di un elemento ecc)

Esempi di goal

  • Acquisto - categoria goal: e-commerce
  • Invio form di contatto - categoria goal: lead generation
  • Iscrizione alla newsletter - categoria goal: lead generation
  • Click indirizzo mail - categoria goal: lead generation
  • Click telefono - categoria goal: lead generation
  • Visita alla pagina store locator - categoria goal: purchase intent
  • Click sul link del sito di un rivenditore - categoria goal: purchase intent
  • Download di un pdf - categoria goal: brand engagement
  • Visualizzazione di un video - categoria goal: brand engagement
  • Visualizzazione di pagine specifiche - categoria goal: brand engagement

Concludendo, perché configurare i goal su Google Analytics?

Ora che sai cosa sono i goal su Google Analytics, usarli e configurarli ti da molti vantaggi.

La configurazione dei goal ti permette quindi di:

  1. Valutare l’efficacia delle campagne marketing sulla base di obiettivi da te impostati (su analytics: acquisition > campaign > all campaign);
  2. Capire quale segmento della tua audience ( caratteristiche demografiche e tecnologiche) converte di più ( su analytics: audience);
  3. Vapire da quali canali arriva il traffico che genera più conversioni e da quali fonti (su analytics: acquisition)
    rendono disponibili in una serie di report con scopi speciali (su analytics: conversions);
  4. Rispondere alla domanda chiave “Che cosa ha fatto per l’azienda il Web oggi?”

13 Settembre 2018

Come usare Google Analytics per un sito B2B

Vediamo in questo articolo come usare Google Analytics per un sito B2B e come sfruttarlo al massimo.

Google Analytics è visto (a torto) come uno strumento utile soltanto per i siti internet prettamente B2C, come ad esempio blog, ecommerce e siti vetrina.

In realtà Analytics può aiutare in modo sostanziale le aziende business-to-business e i team di vendita. Sapevi che con Analytics è possibile scoprire quali aziende hanno visitato il tuo sito, e addirittura quali pagine hanno visitato e per quanto tempo? In questo articolo vedremo quindi come utilizzare Google Analytics per i siti B2B.

Identificare le aziende più calde che hanno visitato il tuo sito

Quando una persona visita un sito web utilizzando la connessione dell’ufficio, con buona probabilità il suo ISP porterà dietro il nome dell’azienda.

Questo non permette di identificare il nome della persona che ha visitato, ma in molti casi non è nemmeno necessario. L’importante per il team di vendita è sapere che una persona in quell’azienda si trova al momento nella fase di consideration, sta quindi valutando se contattarci per un prodotto o servizio.

Vediamo quindi come trovare la lista delle aziende che hanno visitato il nostro sito web:

  1. Per prima cosa, apriamo Google Analytics. Dal menu di sinistra selezioniamo Audience > Technology > Network.
  2. All’interno di questo report si trova la lista dei singoli ISP e le principali metriche ad essi associate. Per ogni ISP possiamo vedere il numero di utenti che ha portato, il bounce rate medio, la durata media della sessione. Se non ti ricordi la differenza tra dimensioni e metriche puoi leggere il nostro articolo a questo link.
    In questo screenshot ad esempio possiamo vedere che l’ISP di Google ha portato 5136 utenti nel periodo selezionato, che hanno visitato in media 6.30 pagine per sessione per un tempo medio di oltre 3 minuti.
  3. Come si può notare, molti degli ISP sono riconducibili a provider di servizi internet “consumer” (in Italia ad esempio Fastweb, wind, tim, ecc.). Per pulire un po’ questi dati ed escludere gli ISP meno interessanti andremo ad applicare un filtro di esclusione.

    Cosa fare dopo...

  4. Clicchiamo quindi sulla scritta “avanzate” in alto a destra nella tabella, e selezioniamo “Escludi” “Service provider” “Che corrisponde alla RegEx”. Nel campo vuoto incolliamo questa lista di ISP da escludere : "tiscali|tim|poste|wind|fastweb|telecom|not set|customer|internet|broadband|isp|cable com|network|tele|dsl|subscriber|pool|telecom|cable|addresses|telefonica|routed|leased line|communication|comcast|verizon|road runner|service provider|unknown|provider|t-mobile|wifi|telkom|sprint|at-t|residential|province|vodafone|clients|china|dial-up|netblock|wimax|wireless|elisa|sonera|dna oy|at&t|assigned|sl-cgn|block|consumers|kpn|telia|bredband|google|hosting|zscaler|city of|tdc|hubspot"
  5. A questo punto i nostri dati dovrebbero essere un po’ più puliti, e dovremmo iniziare a vedere il nome di qualche competitor o potenziale cliente. Non preoccuparti se non conosci tutti i nomi: alcuni ISP più piccoli non sono conosciuti e magari non fanno capo ad aziende particolarmente interessanti.

Adesso che abbiamo estratto una lista di aziende potenzialmente “calde” e che hanno visitato il nostro sito possiamo iniziare a fare le prime considerazioni. Per prima cosa, verifica che il periodo selezionato nella tendina in alto a destra sia in linea con il consideration period dei tuoi clienti.

Normalmente per le aziende B2B questo periodo è abbastanza lungo, anche di qualche mese. Avrà quindi senso considerare le aziende che hanno visitato il tuo sito negli ultimi 3-4 mesi, ma non 2 anni fa: nel frattempo potrebbe essere cambiato lo staff e la persona interessata non essere nemmeno più al suo posto.

Trovare i nomi delle aziende più “calde”

Bene, se hai seguito la procedura che abbiamo illustrato ti troverai con una lista abbastanza lunga di aziende che hanno visitato il tuo sito. Però, non tutti i visitatori sono uguali: alcuni avranno visitato il tuo sito solo per curiosità, altri perché gliene ha parlato un collega, ed altri ancora perché sono davvero intenzionati a comprare i tuoi prodotti / servizi.

Come trovare questi diamanti? Ancora una volta Analytics ci viene in aiuto.

L’idea è quella di cercare di identificare le aziende più calde sulla base di comportamenti specifici che hanno avuto sul nostro sito. Di seguito proponiamo 4 metodi:

  1. Usando le metriche di engagement: l’idea più semplice che puoi venirci in mente è di ordinare la lista che abbiamo appena creato in base al tempo medio speso sul sito e/o al numero di pagine per sessione. Questo è possibile farlo velocemente: basta clicccare sul nome della colonna perché Analytics riordini i risultati come desideriamo.
  2. Filtrando per le pagine più interessanti: in questo caso sarà necessario aggiungere una dimensione secondaria alla tabella che abbiamo creato con il nome della pagina.
  3. Sfruttando gli eventi/goal: se all’interno del tuo sito hai configurato degli eventi o goal, puoi approfondire ancora di più al conoscenza delle aziende che hanno visitato il sito incrociando questi dati con quelli che abbiamo visto prima.

Capire cosa hanno fatto le persone delle aziende potenziali clienti sul tuo sito

Ti sembrerà fantascienza, ma sfruttando Google Analytics è anche possibile estrapolare delle vere e proprie schede degli utenti di determinate aziende, che ci dicono con precisione che cosa hanno fatto e in quali momenti. Stiamo pensando di creare un articolo su questo tema, se ti interessa faccelo sapere nei commenti!

Spreando che questo articolo su come usare Google Analytics per un sito B2B ti sia piaciuto e ti sia stato utile, se hai domande non esitare a contattarci.

7 Settembre 2018

Che cosa sono i parametri UTM?

Cosa imparerai da questo articolo

Su Google Analytics, le campagne pubblicitarie, i motori di ricerca, i social network e le varie sorgenti che inviano utenti al tuo sito sono noti come campagne.
Le informazioni relative alle campagne sono disponibili su un report dedicato, chiamato “Campaigns”. Il report “Campaigns” è altamente personalizzabile, in quanto dipende interamente dalla codifica impostata da noi. Questa codifica è basata sull’aggiunta di alcuni parametri, chiamati UTM, agli url dei link inseriti nelle campagne. In questo articolo vedremo che cosa sono e perché sono importanti. Per una completa e dettagliata panoramica su come utilizzarli puoi scaricare la guida gratuita.

Che cosa sono i parametri UTM?

I parametri UTM sono dei dati che vengono aggiunti a un URL per consentire il passaggio di un’informazione. Nella struttura dell’URL, i parametri UTM sono preceduti da un punto di domanda e sono composti da due blocchi “PARAMETRO = VALORE”:
http://sito.com/homepage/?utm_source=facebook.com&utm_medium=social&utm_content=ad1&utm_campaign=campagnaA.

Il nome del parametro (ad esempio "utm_source" e "utm_medium") non è modificabile, mentre il valore (ad esempio "facebook.com") è impostato da noi.

Tramite l'aggiunta dei parametri UTM agli URL delle campagne puoi raccogliere delle informazioni aggiuntive e renderle visibili nei report di analytics. È importante ricordarsi che gli UTM devono essere aggiunti esclusivamente su link che puntano al tuo sito e che si trovano fuori dal tuo sito.

Come possono aiutarci in pratica?

Ad esempio, se hai lanciato due campagne di email marketing (campagnaA e campagnaB) con all'interno dei link diretti al tuo sito e vuoi confrontare i risultati per vedere dove le tue strategie di marketing sono più efficaci, i parametri UTM possono aiutarti. Infatti, codificando i  link (cioè aggiungendo gli utm), puoi visualizzare su analytics il traffico che arriva sul sito dal canale email e da quale delle due campagne.

La stessa cosa se pubblichi dei link su Facebook diretti al tuo sito e vuoi inviare ad analytics delle informazioni specifiche. Codificando gli URL dei link puoi ad esempio distinguere il formato dell'annuncio o la tipologia di campagna (a pagamento o no).

Quando un utente fa clic su un link DIRETTO AL TUO SITO contenente i parametri utm, le informazioni in essi contenute vengono inviate ad Analytics e sono rese disponibili in appositi report.

È un errore aggiungere i parametri utm ai link interni al proprio sito diretti ad altre pagine del sito o esterne, così come non bisogna aggiungerli a link diretti ai social network o a siti referral.

Ecco gli step da seguire per impostare correttamente gli UTM

  1. Valutare se il caso specifico richiede l’aggiunta di parametri personalizzati
  2. Studiare attentamente i “Default channel grouping” di analytics e valutare se è necessario aggiungerne altri o modificarne le regole per rispecchiare la nostra realtà
  3. Aggiungere i parametri agli URL, essendo consapevoli di come i valori attribuiti ai parametri andranno a influire su altri report ed in particolare sui channel a cui viene attribuito il traffico.
  4. Nell’aggiunta dei parametri, seguire le best practices fornite da Google

Per una dettagliata spiegazione degli step da seguire scarica la guida gratuita sugli UTM.

Quali sono i parametri UTM?

Ci sono 5 parametri che puoi aggiungere ai tuoi URL:

  • utm_source: permette di identificare dove si trova il link. Ad esempio, utm_source=facebook.com se il link diretto al tuo sito si trova su facebook, utm_source=twitter.com se si trova su twitter, e così via. Fa eccezione l’email. In questo caso come valore si può inserire il provider.
  • utm_medium: per Google Analytics, il medium identifica la generale categoria di cui fa parte la fonte di traffico (source). Ad esempio può essere cpc, banner, referral. Il valore di utm_medium da noi impostato è bene che segua la medesima logica seguita da Google Analytics. Esempi di possibili utm_medium sono:
    social
    email
    banner
    cpc
    display
    affiliate
    referral - questo per analytics è il default medium se nient’altro è specificato e non si tratta di un social network presente nella lista di social network di analytics.

Nota: A seconda del valore assegnato a utm_source e utm_medium, il traffico derivante verrà attribuito a un default channel specifico, perciò è importante conoscere le regole utilizzate da Google Analytics e non inserire valori arbitrari a questi due campi. Inoltre, per non sporcare i dati presenti all'interno dei report, sarebbe meglio fare attenzione a come di default Analytics assegna i valori source e medium. Ad esempio, se un utente arriva tramite Facebook, all'interno del report source/medium vedremo come source "facebook.com". Se nella codifica dell'url, al parametro (source) assegnamo il valore "Facebook" disaggreghiamo i dati. Ovvero, nel report source medium invece che avere un'unica linea "facebook.com" ne avremo due distinte: "Facebook" e "facebook.com". Questo per le analisi è poco conveniente.

  • utm_campaign: permette di identificare il nome della campagna relativa al prodotto, il suo slogan oppure il suo codice promozionale.
  • utm_term: da utilizzare in caso di campagne a pagamento. Permette di identificare le parole chiave acquistate utilizzate per la ricerca.
  • utm_content: permette di distinguere contenuti simili o i link inseriti nello stesso annuncio. Ad esempio, se hai definito due link di invito all'azione nello stesso messaggio email, puoi utilizzare utm_content e assegnare loro valori diversi e identificare la versione più efficace.

Le best practice suggeriscono di inserire sempre utm_source, utm_medium e utm_campaign, mentre utm_term and utm_content sono considerati facoltativi.

In realtà l'unico parametro realmente obbligatorio è utm_source. Infatti se si omette il parametro (source) il tracking della campagna non funziona, mentre omettendone qualsiasi altro le informazioni inserite verranno comunque inviate ad analytics (se ad esempio non si inserisce il paramentro utm_campaign su analytics comparirà (not set)).

Conclusione

La possibilità di misurare l’efficacia e le performance delle campagne marketing è probabilmente la funzionalità più importante di google analytics.
Essere in grado di sapere cosa porta i visitatori sul tuo sito può avere un impatto eccezionale sul ROI del marketing digitale.
Aggiungendo i parametri UTM agli URL della pagina di destinazione della campagna, abiliti Google Analytics a registrare e differenziare le tue campagne.
Con il monitoraggio delle campagne in atto, è possibile distinguere le diverse campagne e confrontarle tra loro.
Facendo un ulteriore passo avanti, se monetizzi il tuo sito web, puoi differenziare le tue campagne di alto, medio e basso valore in base alla forza del loro coinvolgimento.

29 Agosto 2018

Cosa sono le sessioni in Google Analytics?

Oggi cercheremo di fare chiarezza su cosa sono le sessioni in Google Analytics. Utilizzando Analytics (magari in tandem con GTM) è infatti possibile raccogliere una grandissima quantità di dati, spesso senza capire le implicazioni più profonde di quello che si sta facendo.

Una sessione può essere definita come un gruppo di interazioni intraprese dallo stesso utente nell’arco di un dato lasso temporale. Di default, la durata di questo lasso temporale è di 30 minuti, ma come vedremo in seguito questo valore può essere modificato.

Cos’è una sessione in Analytics?

Come abbiamo già detto, una sessione è definibile come una serie di interazioni sullo stesso sito web compiute dallo stesso utente in un dato arco temporale.

Una sessione è quindi un contenitore arbitrario che raggruppa una serie di interazioni. In questo senso una sessione non è molto diversa da un giorno del calendario, definito arbitrariamente come l’intervallo di 24 ore da mezzanotte a mezzanotte.

Un singolo utente può quindi avviare più sessioni a distanza di mesi, ma anche più sessioni all’interno della stessa giornata. Cerchiamo di chiarire con un esempio:

Filippo è un grande appassionato di calcio, e ha l’abitudine di visitare il sito della Gazzetta dello Sport durante l’orario di lavoro. Ecco lo schema di una tipica giornata lavorativa di Filippo:

Ogni mattina Filippo arriva in ufficio alle 8, e come prima cosa apre la “gazza”. Dopo 20 minuti di lettura, lascia aperto in una tab del browser l’articolo con i pagelloni del fine settimana per leggerlo con calma dopo pranzo. Passati 30 minuti, GA interromperà questa prima sessione per inattività.

All’ora di pranzo (12:45) l’attività di lettura ricomincia, ma soltanto per 10 minuti. Anche in questo caso, l’ultima hit inviata da computer di Filippo ai server di Google sarà quella della visualizzazione dell’ultimo articolo. Dopo 30 minuti senza nuove hit, anche questa sessione verrà conclusa.

Prima di andare a dormire, poi, Filippo legge la Gazzetta per ben 40 minuti (dalle 23:50 alle 00:20). In questo caso verranno generate due sessioni: la prima dalle 23:50 a mezzanotte, la seconda da mezzanotte alle 00:20.

Questo succede perché una sessione può essere terminata in base a due metodi diversi:

  • Scadenza basata sul tempo
    • per inattività (default 30’)
    • a mezzanotte
  • Scadenza per cambio di campagna

La scadenza basata sul tempo

Di default, Google Analytics termina una sessione dopo 30 minuti di inattività. Questo significa che se un visitatore apre il tuo sito web, naviga per un po’, e poi si allontana per pranzo, al suo ritorno dopo più di 30 minuti verrà inizializzata una nuova sessione.

Ovviamente questo timeout di 30 minuti non è adatto a tutti i business. Pensa ad esempio ad un sito di streaming di serie TV: in media un utente guarderà video senza interagire con il computer per più di 30 minuti.

E’ quindi possibile modificare il timeout di default seguendo queste istruzioni:

  1. Naviga sulla property per cui vuoi modificare il tempo di timeout
  2. Clicca in basso a destra sulla rotellina “admin”
  3. Seleziona “impostazioni sessione” dal menu “tracking info”
  4. Modifica l’impostazione di default con il valore desiderato

L’altro evento che fa terminare una sessione è lo scadere della mezzanotte. La mezzanotte è definita in base al fuso orario dell’account, e questa impostazione non può essere modificata.

Questo significa che se un utente inizia a navigare sul tuo sito di ecommerce alle 23:57 e effettua una conversione alle 00:23, avrà generato due sessioni diverse: la prima della durata di 3 minuti e senza conversione, la seconda della durata di 23 minuti e con una conversione.

La scadenza per cambio di campagna

Ogni volta che un utente visita il tuo sito web da una campagna diversa, Analytics apre una nuova sessione. Come ricorda anche Google nella documentazione ufficiale, “È importante sottolineare che anche se una sessione esistente è ancora aperta (ad esempio, se sono trascorsi meno di 30 minuti) ma si cambia la sorgente della campagna, questa sessione viene chiusa e ne viene aperta una nuova.”

Per questo uno degli errori più gravi tra chi non conosce bene Google Analytics è utilizzare i parametri UTM all’interno del proprio sito: ogni volta che il visitatore cliccherà un link interno con parametri UTM verrà inizializzata una nuova sessione, e tutte le informazioni della sessione precedente andranno perse.

Come vengono create le sessioni da Analytics? (Roba da nerd)

Per comprendere a fondo la definizione di sessione e davvero cosa sono le sessioni su Google Analytics, è importante capire come i dati sono organizzati e raccolti all’interno di GA. Lo script di monitoraggio (o il tag all’interno di GTM) invia ai server di Google delle hit, ogni volta che un utente compie un’azione sul tuo sito web (ad esempio, visita una pagina, clicca un bottone, invia una richiesta di contatto…). Queste hit sono ordinate, filtrate e aggregate in base al clientID, il numerino che identifica in modo univoco una coppia dispositivo/browser.

Ricordiamo infatti che all’interno di Analytics gli utenti non sono vere persone, ma dei cookie salvati all’interno dei browser. Questo significa che se la stessa persona visita il tuo sito dal computer dell’ufficio e poi dallo smartphone agli occhi di Analytics sarà due persone diverse. Per chiarire il funzionamento di questo processo sfruttiamo l'immagine realizzata da Lunametrics:

La conseguenza di questo processo è che in Analytics esiste una precisa gerarchia delle informazioni: le singole hit non hanno un numero di sessione ad esse associate, perché la sessione è determinata a posteriori.

Per questo motivo non è possibile comparare all’interno dello stesso report hit e sessioni.

Conclusione

Per quanto possa sembrare semplice, il concetto di sessione porta con sé numerose implicazioni più profonde. E’ quindi importante padroneggiare questa definizione per non farsi ingannare dai numeri.

Sperando di averti chiarito sul cosa sono le sessioni in Google Analytics, ricordati che se hai qualsiasi domanda puoi contattarci senza problemi!

26 Luglio 2018

Come anonimizzare Google Analytics

Cosa imparerai in questo articolo

Oggi vedremo come anonimizzare l'indirizzo IP dei tuoi visitatori, in modo che questo dato personale non sia salvato all'interno di Google Analytics.

Il nuovo regolamento europeo sulla protezione dei dati personali (GDPR), ha infatti introdotto paletti molto più restrittivi sulle modalità di trattamento dei dati personali degli utenti. Uno dei passaggi fondamentali per rispettare il GDPR, se utilizzi Google Analytics (GA), è rendere anonimo l'indirizzo IP dei visitatori del tuo sito web.

Fortunatamente Google ha messo a disposizione un metodo relativamente semplice per risolvere questo problema. Prima di cominciare, è importante capire in che modo GA è installato sul sito web. Con buone probabilità, ti ritroverai in uno di questi 3 scenari:

  1. GA installato con libreria analytics.js
  2. GA installato con libreria gtag.js
  3. GA installato tramite Google Tag Manager (consigliato)

Se sai già in quale di questi 3 casi ti ritrovi, salta direttamente alla relativa sezione. Altrimenti ti consigliamo di utilizzare il plugin di Chrome Google Tag Assistant per scoprirlo.

Come anonimizzare gli IP se utilizzi analytics.js

Se GA è installato utilizzando analytics.js, all'interno del codice sorgente del tuo sito web sarà presente un codice simile a questo (dove al posto di UA-XXXXX-Y troverai l'id della tua property):

<!-- Google Analytics -->
<script>
(function(i,s,o,g,r,a,m){i['GoogleAnalyticsObject']=r;i[r]=i[r]||function(){
(i[r].q=i[r].q||[]).push(arguments)},i[r].l=1*new Date();a=s.createElement(o),
m=s.getElementsByTagName(o)[0];a.async=1;a.src=g;m.parentNode.insertBefore(a,m)
})(window,document,'script','https://www.google-analytics.com/analytics.js','ga');
ga('create', 'UA-XXXXX-Y', 'auto');
ga('send', 'pageview');
</script>
<!-- End Google Analytics -->

Per anonimizzare tutte le hit inviate a GA sarà sufficiente aggiungere ga('set', 'anonymizeIp', true); al codice qui sopra, che diventerà quindi:

<!-- Google Analytics -->
<script>
(function(i,s,o,g,r,a,m){i['GoogleAnalyticsObject']=r;i[r]=i[r]||function(){
(i[r].q=i[r].q||[]).push(arguments)},i[r].l=1*new Date();a=s.createElement(o),
m=s.getElementsByTagName(o)[0];a.async=1;a.src=g;m.parentNode.insertBefore(a,m)
})(window,document,'script','https://www.google-analytics.com/analytics.js','ga');
ga('create', 'UA-XXXXX-Y', 'auto');
ga('send', 'pageview');
ga('set', 'anonymizeIp', true);
</script>
<!-- End Google Analytics -->

Come anonimizzare gli IP se utilizzi gtag.js

Anche in questo caso sarà necessario modificare il codice che è stato inserito all'interno del tuo sito web, ma in questo caso non bisognerà aggiungere una riga di codice, bensì modificare una già esistente. Il codice gtag.js è fatto così:

<!-- Global site tag (gtag.js) - Google Analytics -->
<script async src="https://www.googletagmanager.com/gtag/js?id=UA-XXXXX-Y"></script>
<script>
window.dataLayer = window.dataLayer || [];
function gtag(){dataLayer.push(arguments);}
gtag('js', new Date());
gtag('config', 'UA-XXXXX-Y');
</script>

La riga che ci interessa è quella in grassetto (dove UA-XXXXX-Y è sostituito dall'id della tua property di Google Analytics). Per anonimizzare gli IP sarà sufficiente sostituirla con:

gtag('config', '<GA_TRACKING_ID>', { 'anonymize_ip': true });

Lasciando tutto il resto invariato.

Come anonimizzare gli IP se utilizzi Google Tag Manager (GTM)

Se il tag pageview di Google Analytics è inserito all'interno del tuo sito tramite Google Tag Manager, per rendere anonimi gli IP dei tuoi visitatori non dovrai modificare il codice del tuo sito web, ma sarà sufficiente utilizzare l'interfaccia di GTM. Questo è infatti uno dei dell'utilizzo di questo strumento (se ti interessa approfondire questo strumento, clicca qui per andare al nostro articolo che spiega come utilizzare Google Tag Manager) .

Vediamo come procedere.

Per prima cosa, entra all'interno del tuo account GTM e vai alla sezione variabili:

Seleziona la "User-defined variable" in cui sono salvate tutte le impostazioni di Google Analytics (queste impostazioni potrebbero essere anche salvate all'interno del tag pageview, anche se lo sconsigliamo):

Una volta aperta, clicca su "More settings" e poi "Fields to set". Inserisci 'anonymizeIp' come chiave e 'true' come valore:

Salva tutte le impostazioni, pubblica il container e il gioco è fatto! Di seguito trovi un breve video che illustra l'intero processo, dall'inizio alla fine:

Come Google Analytics anonimizza gli IP degli utenti

Se sei un animale da codice, probabilmente ti stai chiedendo come Google anonimizza gli IP degli utenti. Puoi trovare la spiegazione completa a questo link (documentazione ufficiale).

Per riassumere, le ultime cifre dell'indirizzo IP del visitatore sono impostate a 0, e l'indirizzo IP completo della persona non è mai salvato su disco:

Conclusione

Per rispettare la normativa GDPR è importante non raccogliere gli indirizzi IP dei propri visitatori (che sono considerati un dato personale). Fortunatamente Google ha messo a disposizione una soluzione relativamente facile per rispondere a questa necessità, che non comporta la perdita dei dati all'interno del proprio account.

L'unico problema che deriva dall'anonimizzazione degli indirizzi IP è che i filtri INCLUDI / ESCLUDI traffico che hanno come regola l'indirizzo IP smetteranno di funzionare. Per fortuna esiste un modo per aggirare questo problema, se ti interessa scoprirlo faccelo sapere nei commenti!

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