19 Ottobre 2020

Report Multi-Channel Funnels in Google Data Studio

Oggi vediamo che cosa sono i Multi-Channel Funnels e come trattarli in Data Studio.

1. I MODELLI DI ATTRIBUZIONE

Se lavori con Google Analytics e utilizzi Data Studio per preparare delle dashboard da presentare al tuo team o ai tuoi clienti potresti esserti trovato ad affrontare il problema dei modelli di attribuzione.

Infatti, rispondere ad una domanda del tipo “quante vendite ho fatto tramite il canale Email?” non è semplice come sembra. 

Prima di procedere è importante ricordare che per popolare i suoi report audience, acquisition, behaviour e parte di quelli conversion Google Analytics utilizza un modello di attribuzione chiamato last click non direct. Questo significa che tutto il merito della conversione viene attribuito all’ultimo canale purché questo non sia il canale diretto.

Facciamo un esempio di un percorso di conversione dell’utente Pino:

  • Mentre è su Instagram, Pino vede la pubblicità di una bicicletta. Clicca sull’annuncio e atterra sul nostro sito che vende biciclette. Fa un giro, si interessa ma non compra. Questa visita verrà registrata come proveniente dal canale SOCIAL.
  • Due giorni dopo, mentre è su un sito di news, Pino vede un banner della nostra azienda che promuove una svendita flash. Lo clicca per informarsi sulle condizioni, ma anche questa volta non compra. Questa visita verrà registrata come proveniente dal canale DISPLAY.
  • Dopo averne parlato in famiglia, Pino una settimana dopo va su Google, cerca il nome della nostra azienda e finalmente compra una bicicletta da €1500 sfruttando la promozione. Questa visita verrà registrata come proveniente dal canale ORGANIC.

Per ricapitolare, il percorso di Pino è stato SOCIAL > DISPLAY > ORGANIC. Se colleghiamo Data Studio e creiamo una tabella con dimensione Canale e metrica Revenue otteremo una cosa del genere:

Canale Revenue
Organic €1500

Ma possiamo davvero dire che TUTTO il merito è da attribuire al canale organico? Sarebbe meglio poter affiancare a questa tabella una che racconti tutta la storia, una cosa del genere.

PERCORSO Revenue
Social > Display > Organic €1500


All’interno di Google Analytics possiamo ottenere questo report visitando la sezione Conversions > Multi-Channel-Funnels, ma come avere lo stesso risultato all’interno di Google Data Studio?

 

2. MCF IN DATA STUDIO

Adesso vedremo quindi come ottenere dei report multi channel all’interno di Google Data Studio. Quello che ci serve è - a parte Data Studio - Google Sheets con add-on di Google Analytics API. 

L’idea è quella di sfruttare le API mcf di Google Analytics (documentazione completa a questo link) per scaricare i dati che ci servono, programmare un export periodico e poi collegare il foglio di Google Sheets a Data Studio. Ecco come procederemo:

    1. Per prima cosa apriamo un nuovo foglio di Google Sheets, clicchiamo nel menu in alto componenti aggiuntivi > Google Analytics > Create new report. Se non avete ancora questo addon aggiungetelo cliccando sulla voce “Installa componenti aggiuntivi”
    2. Nella finestra che compare selezioniamo la vista da cui vogliamo estrarre i dati, e lasciamo i campi relativi a metriche e dimensioni vuoti
    3. A questo punto si creerà un nuovo foglio di G Sheet. Andiamo a scrivere “mcf” alla voce Report Type e inseriamo all’interno dei campi metriche e dimensioni quelle che ci interessano dalla lista delle dimensioni e metriche di GA mcf API (consultabile a questo link).

    4. Volendo possiamo applicare filtri e segmenti per restringere il campo di applicazione. Clicchiamo su Strumenti aggiuntivi > Google Analytics > Run report per estrarre i dati, e se vogliamo programmiamo l’estrazione periodica.
    5. A questo punto possiamo collegare il foglio a Data Studio per creare un nuovo report, et voila!Si tratta di un procedimento abbastanza semplice ma un po’ laborioso, per questo ho creato un piccolo video che illustra nel dettaglio come fare, eccolo!

Conclusioni

Speriamo di averti chiarito le idee in merito ai multi-channel funnels, perché questi ti forniscono informazioni di alto valore.

Se hai domande, non esitare a contattarci 😉

16 Ottobre 2020

Il nuovo Google Analytics 4

Dopo diversi mesi in cui soltanto gli addetti ai lavori erano eccitati dalla notizia, Google ha finalmente deciso di uscire allo scoperto e annunciare al mondo intero il rilascio della nuova versione di Google Analytics: quella che fino a poco tempo fa era nota come Google Analytics App+Web, e che adesso è stata ribattezzata Google Analytics 4.

Noi di Digital Pills terremo un webinar (ti puoi iscrivere a questo link) in cui Stefano ed Emanuele ci sveleranno in anteprima tutte le novità di questo strumento. Siamo davvero contenti dell’arrivo di questa innovazione, e siamo convinti che dopo aver toccato con mano il cambiamento lo sarai anche tu.

In questo articolo vedremo le più importanti novità di questa nuova versione di Google Analytics, in particolare:

  • Interfaccia 100% rinnovata
  • Tracciamento semi-automatico
  • Funzioni avanzate disponibili per tutti
  • Segmentazione avanzata
  • Goal retroattivi
  • Integrazione di dati app e web
  • Limiti
  • Come iniziare ad usare Google Analytics 4?
  • Google Consent Mode

Interfaccia 100% rinnovata

La prima cosa che colpisce un utente abituato a lavorare con la vecchia versione di GA è la velocità della nuova interfaccia.
Questo è possibile grazie al fatto che il nuovo Google Analytics è stato completamente ripensato dalle basi, a partire dallo schema di raccolta dati che diventa 100% event-based rispetto al vecchio session-based.

In Google Analytics 4 infatti i dati sono raccolti, processati ed immagazzinati secondo il data modelling di Firebase (per approfondimenti su questo tema ti rimando al webinar di Stefano). Ed è proprio grazie a questo che è possibile integrare i dati web e quelli app.

Un’altra cosa che noteranno gli utenti più attenti è che il numero di report standard (quelli consultabili attraverso l’interfaccia) è stato drasticamente ridotto.
Questo perché sarà incentivato un utilizzo più “maturo” dello strumento, tramite la diffusione di strumenti prima riservati soltanto alle aziende più grandi che potevano permettersi la versione a pagamento di GA, ovvero GA360. 

Tracciamento semi-automatico

Come non ci stanchiamo mai di ripetere, con il “vecchio” Google Analytics l’unica interazione tracciata di default era la pageview. Questo significava che per monitorare interazioni più interessanti come lo scroll, il click sui link verso altri siti, la visualizzazione di video e molto altro era necessario utilizzare GTM o codice Javascript in pagina. 

Con il nuovo Google Analytics è possibile selezionare un’opzione per fare in modo che molti di questi eventi siano tracciati in automatico. Comodo, no?

ATTENZIONE! Questo non vuol dire che potrai fare a meno di GTM, che rimarrà sempre uno strumento essenziale per implementare un tracciamento di qualità, ma solo che potrai velocizzare il modo con cui GA viene implementato.

Funzioni avanzate disponibili per tutti

Con la nuova versione di GA sono finalmente disponibili per tutti gli utenti due potenti strumenti prima riservati al pubblico delle grandi aziende. Stiamo parlando delle funzioni analysis e accesso ai dati RAW di BigQuery. Vediamo nel dettaglio in cosa consistono. 

1. Analysis tool

Si tratta di uno strumento molto potente che permette di creare report avanzati direttamente all’interno di Google Analytics.
E’ possibile scegliere tra report di tipo funnel, sovrapposizione di segmenti, esplorazione utenti e molto altro: le possibilità sono davvero infinite. Per questo oggi più che mai è necessario farsi le domande giuste prima di entrare all’interno di Analytics

2. Dati RAW su BQ

Se in passato hai usato Analytics in modo avanzato, ti sarà sicuramente capitato di porti domande a cui non è possibile rispondere tramite la normale interfaccia visuale. Ad esempio “quanti utenti che hanno comprato un certo prodotto prima hanno effettuato una certa azione?” oppure “cosa ha fatto a seguito della conversione il mio utente XY, offline?”.

Si tratta di domande complesse perché richiedono l’unione di dati online e offline, oppure il mix di scope diversi all’interno di Google Analytics stesso.

Fino a poco tempo fa accedere ai dati grezzi (ovvero al database che sta dietro Google Analytics) era un’operazione riservata a pochi adepti che lavoravano per aziende con una licenza a pagamento di Analytics. Oggi tutto questo è disponibile per tutti, gratuitamente, utilizzando il nuovo Google Analytics.

Segmentazione avanzata

Quante volte avresti voluto creare dei segmenti avanzati all’interno di Google Analytics, ma le opzioni disponibili non te lo hanno permesso? Con il nuovo Google Analytics 4 è finalmente possibile creare segmenti come “utenti che sono atterrati su una determinata pagina e hanno convertito entro 10 minuti”.

Questo è solo un esempio di che cosa si possa fare con il nuovo GA4 e con le libertà che esso offre di muoversi tra i dati!

Goal retroattivi

Un altro grande limite del “vecchio” Google Analytics, risolto egregiamente con la nuova versione, è la possibilità di trasformare eventi in conversioni, con un solo click! E la notizia più bella è che questa operazione ha effetto retroattivo. Tutto questo è possibile grazie al nuovo data model event based. 

In generale, si potranno avere a disposizione tutti i dati, anche quelli per cui non si è impostato il sistema di tracciamento sin dall'inizio, che potranno essere recuperati per essere usati in seguito.

Integrazione di dati app e web

Sicuramente una delle novità più interessanti è la possibilità di integrare all’interno della stessa property (Data Streams all’interno di Firebase) i dati del tuo sito web e di eventuali app (Android e iOS).

Per poter visualizzare i dati del sito e delle app sarà necessario utilizzare la nuova versione di Google Analytics sul tuo sito e all’interno dello stesso stream installare l'sdk di Firebase sulla tua applicazione. In questo modo potrai avere una visione più completa delle attività dei tuoi consumatori! Per Google questo punto è talmente importante che aveva deciso di chiamare questa nuova versione di GA proprio Google Analytics App+Web! 

Limiti 

Ormai è chiaro che Google Analytics 4 sia il futuro di Google Analytics, al momento però è ancora in Beta. Dato che è stato ufficialmente comunicato da Google ci immaginiamo che la versione attuale sia già molto stabile. Il nostro consiglio è però (per il momento) di continuare ad implementare il nuovo Google Analytics 4 in parallelo alla versione classica solo per il web. In questo modo non avrai brutte sorprese e potrai beneficiare dei vantaggi di entrambi gli strumenti. 

Un secondo limite, non ancora risolto, riguarda l’importazione dei dati storici. Trattandosi di un sistema diverso Google Analytics 4 è in realtà Google Analytics for Firebase, non sappiamo ancora se sarà possibile importare i tuoi dati storici all’interno della nuova versione. Un motivo in più per implementare e mantenere per un po’ le due soluzioni in parallelo. 

Se vuoi una guida veloce per vedere come passare al nuovo GA4 e mantenere in parallelo il vecchio GA3, abbiamo scritto questo articolo.

Come iniziare ad usare Google Analytics 4? 

Anche tu non stai più nella pelle e non vedi l’ora di sporcarti le mani? Ecco cosa puoi fare:

  1. Iscriviti al webinar in diretta di Stefano ed Emanuele in cui spiegano nel dettaglio le novità di GA4
  2. Iscriviti alla newsletter di Digital Pills in cui pubblicheremo tutti i nuovi aggiornamenti (spoiler: stiamo preparando un nuovo corso) 
  3. Contattaci se hai bisogno di supporto e saremo felici di aiutarti! 

Per approfondire ulteriormente qui puoi trovare l’annuncio ufficiale di Google (in Inglese) e qui trovi la guida all’implementazione.

23 Giugno 2020

Metriche Core Web Vitals: cosa sono e come tracciarle

Oggi parliamo delle Metriche Core Web Vitals e scopriamo perché sono così importanti.

I proprietari dei siti web non dovrebbero essere dei guru delle performance per capire che tipo di esperienza stanno fornendo ai loro utenti.

Con questa frase Google ha annunciato l'iniziativa Web Vitals 2020, che ha l'obiettivo di identificare le 3 metriche chiave per descrivere l'esperienza dei visitatori di un sito web.

  1. Largest Contentful Paint
  2. Fist Input Delay
  3. Cumulative Layout Shift

Le tre core web vitals

Nell'articolo di oggi vedremo quali sono queste metriche e come possono essere misurate.

1. LARGEST CONTENTFUL PAINT (LCP)

Questa metrica misura la performance di caricamento di una pagina. Per avere un risultato buono, questo valore deve essere inferiore a 2,5 secondi. A differenza della "vecchie" metriche, il Largest Contentful Paint dovrebbe essere molto più accurata e permettere di farsi un'idea molto più precisa della reale esperienza di un visitatore.

Per ottenerla si misura il tempo che impiega ad essere visualizzato il più grande elemento presente all'interno della viewport (inteso in termini di dimensioni sullo schermo, non di peso in Kb).

largest contentful paint

Per capirlo basta guardare l'immagine qui sopra, dove viene evidenziato sul sito di Instagram e su Google l'elemento più grande della pagina. Nel caso di Instagram ad esempio è il logo, che viene caricato al terzo step nell'immagine.
Per approfondire questa metrica si può visitare la pagina realizzata da Google, molto dettagliata e interessante.

2. FIRST INPUT DELAY (FID)

Il First Input Delay misura il tempo necessario perché l'utente possa interagire con la pagina che sta visitando. Per avere un buon risultato, questa metrica deve essere inferiore a 100ms. Come vi sarà capitato, molto spesso quando visitiamo un sito dobbiamo aspettare un po' di tempo prima di poter interagire con la pagina. Questo perché in quei momenti il nostro browser è occupato a fare altro, ad esempio caricare JS o altri elementi.

Secondo Google, per fornire una user experience di alto livello il visitatore deve essere in grado di interagire con la pagina in meno di 100 millisecondi. Anche per questa metrica è stata realizzata una pagina ad hoc molto dettagliata che potrete trovare a questo link.

3. CUMULATIVE LAYOUT SHIFT (CLS)

Quante volte vi è capitato di visitare un sito, essere sul punto di cliccare un bottone, ma proprio mentre lo state cliccando tutta la pagina si muove e così finite per cliccare quello che non volevate? O magari state leggendo un articolo su un sito di news, tutta la pagina si sposta e voi perdete il segno?
Questa metrica si propone appunto di misurare tutti gli spostamenti inaspettati della pagina, durante tutta la sua vita sullo schermo dell'utente. Per avere un valore buono, il CLS deve essere inferiore a 0,1. Per approfondire ecco il link ufficiale di Google.

Queste erano le 3 principali Metriche Core Web Vitals, ora vediamo come misurarle.

Come si possono misurare i valori delle Core Web Vitals?

Abbiamo a disposizione 3 possibili strade, ognuna con i suoi pro e contro. Per questo abbiamo realizzato un articolo per ognuna delle soluzioni che la illustra nel dettaglio, clicca sul relativo link per scoprire come procedere!

  1. Utilizzare lo strumento Page Speed Insights che si trova a questo link. Questa tecnica è consigliata per avere un'idea di massima di come sta performando il sito in generale, ma ha diversi limiti che illustriamo nel dettaglio nell'articolo, clicca qui per leggerlo!
  2. Accedere al database pubblico su Big Query dei dati degli utenti di Chrome. Questa tecnica è consigliata a tutti coloro che vogliono approfondire i dati e segmentarli per paese, dispositivo e tipo di connessione. Anche qui abbiamo però alcuni limiti, clicca qui per leggere come accedere ai dati su Big Query.
  3. Impostare un sistema di monitoraggio con GTM sfruttando le API. Questa sicuramente è l'opzione che ci piace di più, abbiamo creato un articolo dettagliato per spiegare come procedere e un container da importare in pochi click per iniziare a tracciare senza nessun problema!

Quale di questi approcci ti interessa o convince di più? Faccelo sapere nei commenti!

2 Maggio 2020

Google Maps in Google Data Studio

Google ha appena rilasciato una funzionalità davvero interessante nel del suo software di data visualization Google Data Studio: la possibilità di integrare Google Maps direttamente all'interno delle dashboard. Si tratta di una funzionalità che apre un nuovo mondo di possibilità.

Come funziona Google Maps in Data Studio

Come al solito ho girato un piccolo video che dimostra questa funzionalità, che trovate al termine di questo articolo. I dati che ho utilizzato provengono dal demo account di Google Analytics. Ecco come impostare il vostro primo grafico che utilizza Google Maps.

A livello di dimensioni troverete 3 controlli: bubble location (obbligatorio), tooltip e bubble color.

data-studio-google-maps

  • Bubble location indica il criterio con il quale vogliamo che le nostre bolle siano posizionate sulla mappa: possiamo usare ad esempio il nome della nazione, il codice postale e molte altre dimensioni - basta che siano codificate correttamente e che quindi Data Studio sia in grado di riconoscerle.
  • Tooltip indica l'etichetta che vogliamo sia associata ad ogni punto sulla mappa. ATTENZIONE deve essere univoca se no non funziona.
  • Bubble color ci permette di modificare il colore in base al valore della dimensione, come già accade in molti altri grafici di Data Studio.

A livello di metriche, invece, come nei grafici a bolle già presenti in Data Studio l'utente può controllare la dimensione della bolla (ad esempio inserendo bolle più grandi dalle città che portano più sessioni sul nostro sito) e il colore della bolla.

Gestire lo stile delle mappe

Al momento sono già molte e interessanti le impostazioni sullo stile della mappa, che immaginiamo si amplieranno ancora nel prossimo futuro. Possiamo inserire o rimuovere i controlli sullo zoom, abilitare o disabilitare street view, e scegliere se visualizzare una mappa in stile mappa o satellite.

Interessantissima anche l'opzione per selezionare uno stile tra quelli di default o modificare direttamente il JSON. Vi consiglio ad esempio di andare a fare un giro su https://snazzymaps.com/, prendervi uno stile gratuito tra le centinaia a disposizione nella gallery e provare ad utilizzarlo sulla vostra dashboard. Nel video mostro come fare, è davvero semplice.

Al momento ho notato che manca (o non sono riuscito a trovarlo? Nel caso fatemelo sapere nei commenti) il controllo sullo zoom, se per esempio volessi mostrare solo un'area specifica.

Insomma, una bella novità che ci regala big G in questo weekend di inizio maggio! Ecco il breve video tutorial che ho girato.

5 Febbraio 2020

Come capire se i dati di Google Analytics sono affidabili

I dati e le statistiche che ci fornisce Google Analytics dovrebbero essere alla base delle decisioni di marketing in un’azienda data-driven, per questo è necessario che siano affidabili. 

Ma se i dati su cui ci basiamo sono sbagliati, anche le decisioni rischiano di esserlo.

Oggi vedremo alcuni controlli da fare per verificare l’integrità del sistema di tracking.

I requisiti di base sono i seguenti (dettagliati in seguito):

  • Tutte le pagine del nostro sito (domini e sottodomini) sono tracciate correttamente, ovvero viene registrata la visualizzazione quando una pagina viene caricata e questa informazione è inviata alla giusta property di GA
  • La struttura dell’account di GA deve essere allineata con le esigenze e con la struttura dell’azienda
  • Esiste una vista di Backup priva di filtri
  • Nella vista di GA utilizzata per le analisi non vengono filtrate via delle visite per errore

Una volta certi dell’integrità dei dati, passiamo a valutare il soddisfacimento di requisiti leggermente più avanzati:

  • Oltre alla visualizzazione di pagina, vengono tracciate anche altre interazioni da parte dell’utente (come click su bottoni, iscrizioni alla newsletter, completamento di form ecc)
  • Sono configurati degli obiettivi
  • Le campagne di acquisizione sono tracciate correttamente
  • Se il sito è un e-commerce, i report ecommerce sono abilitati e le revenue monitorate sono affidabili

Il tracciamento delle visualizzazioni di pagina

Quando installiamo Google Analytics su un sito web, di default vengono tracciate le visualizzazioni di pagina. In altre parole: tutte le volte che un utente carica una pagina, Google Analytics registra una pageview. 

Questo è il mattoncino su cui si basa tutto il resto, ed è importante che funzioni bene in tutte le pagine del sito. Dobbiamo verificare che questa informazione venga inviata alla giusta property e che GA la riceva. 

Per verificare che venga inviata facciamo dei check a campione su alcune pagine del sito (se è composto da diversi domini/sottodomini prendiamo una pagina per ognuno). Utilizzando un plugin, chiamato adswerve, e verifichiamo che al caricamento della pagina compaia effettivamente una riga nella console con scritto “GA-pageview UA-xxxxx” - che significa: “è stata inviata una visualizzazione di pagina alla property UA-xxxxx” come puoi vedere in questo video.

Se:

  • non compare nessuna riga corrispondente alla descrizione
  • compaiono più righe identiche 
  • la property indicata è sbagliata 

C'è un errore.

Inseriamo poi un parametro nell’url del nostro sito e ricarichiamo la pagina, ad esempio test=1: https://www.digitalpills.it/?test=1. Apriamo il report di GA “Content” sotto “Real-time” , filtriamo per test=1 e verifichiamo che la nostra visualizzazione sia effettivamente tracciata. 

Come ultimo controllo andiamo a vedere all’interno della vista che utilizziamo per le analisi se sono tracciati tutti i domini / sottodomini che ci interessano. Utilizziamo il report network e impostiamo come primary dimension “hostname”- come nell’immagine:

Nella colonna hostname devono essere presenti tutti i domini / sottodomini del nostro perimetro. Se ne manca qualcuno significa che stiamo perdendo dei dati, se ce ne sono in più li stiamo sporcando.

Struttura account Google Analytics + Vista Backup

Un’altra cosa da non sottovalutare è la struttura dell’account di GA. Se ci interessa analizzare come un utente si muove tra diversi sottodomini (ad esempio www.digitalpills.it e il sottodominio academy.digitalpills.it), è importante che questi si trovino all’interno della stessa vista e implementare quello che si chiama subdomain tracking.

Lo stesso discorso vale se ci interessa visualizzare come un’unica visita il percorso dell’utente che si muove tra diversi domini (ad esempio www.digitalpills.it e www.academy.it). In questo caso però bisogna implementare il cross domain tracking.

Solitamente la struttura è la seguente:

  • 1 account per azienda
  • n property, 1 per ogni sito gestito dall’azienda (se non interessa analizzare o non ci sono interazioni tra i siti)
  • n viste, almeno 3. Una “Master view”, una “Test view” e una “Backup view” priva di filtri. La presenza della "Backup view" e di una vista di Test assicurano che la totalità dei dati venga raccolta anche se alcuni tag non sono configurati correttamente, mentre la vista Master è il punto di accesso principale per tutte le analisi. 

Quando invece l’account non è creato da zero ma viene ereditato si può procedere così:

  • Se la vista esistente con i dati storici è completamente vuota (non sono presenti goals, custom channel, filtri ecc), allora questa può essere rinominata “Master View”. Questa è la situazione ideale perché avremo a disposizione dati storici nella Master view. 
  • Se però la view esistente è già stata fortemente configurata, non può essere utilizzata come Master view e bisogna crearla da zero quindi senza dati storici. Situazione da evitare quando possibile. 

Oltre le tre viste indicate, si possono creare altre commodity views, che dipendono dalle esigenze aziendali (ad esempio una con il sito di staging, o se ci sono diverse lingue, una per ogni lingua).

Filtri

Nella vista “Mater” è importantissimo fare attenzione ai filtri inseriti. Una volta che inseriamo un filtro e escludiamo delle visite, quei dati sono persi per sempre (per questo è importante prima testare i filtri nella vista di test e avere una vista di Backup)

Passiamo ora ai requisiti più avanzati

Una volta controllate le condizioni di cui abbiamo appena visto, possiamo passare a verificare i requisiti leggermente più avanzati per valutare la qualità/maturità dei nostri dati.

Ma prima una piccola pausa per rinfrescare la mente...

Tracciamento interazioni

Per assicurarci che stiamo tracciando anche altre interazioni oltre le visualizzazioni di pagina, dobbiamo andare nel report “Top Events” di GA e assicurarci che non sia vuoto. Le righe all’interno del report dovrebbero corrispondere a interazioni importanti che ci interessa tracciare:

Configurazione obiettivi

Abbiamo già fatto un articolo su questo argomento, perché è cruciale. Se non abbiamo configurato degli obiettivi all’interno del nostro account, lo stiamo sfruttando solo in parte. Per fare questo controllo, apriamo il report “Goal Overview” e assicuriamoci:

  1. che non sia vuoto 
  2. che per ogni goal configurato il totale di goal completions non sia zero, perché questo potrebbe essere indice di un errore di configurazione.

Tracciamento campagne

Verifichiamo ora che il tracciamento delle campagne sia corretto. Valutiamo i seguenti aspetti:

  1. La porzione di visite assegnate al canale “Other”. Queste solitamente rappresentano visite taggate in modo sbagliato (ovvero non in linea con le regole di GA link) e che quindi Analytics non sa a quale canale attribuire.
  2. La porzione di visite assegnate al canale Direct. Le visite assegnate al canale Direct rappresentano o visite dirette al sito (ad esempio l’utente digita l’url nella barra di ricerca) oppure visite non taggate (ad esempio dei link all’interno di una mail) di cui Analytics non riesce a riconoscere la fonte. Per questo secondo gruppo la soluzione è taggare il traffico ovvero inserire dei parametri utm nel link.
  3. Tra i referrals non ci deve essere il nostro stesso dominio.

Tracciamento acquisti per i siti e-commerce

Ultimo controllo da fare per i siti e-commerce riguarda il tracciamento degli acquisti. Prima di tutto, verifichiamo di aver abilitato il tracciamento e-commerce. 

Se cliccando sul report e-commerce visualizziamo la seguente schermata significa che non lo abbiamo implementato:

Se invece stiamo tracciando gli acquisti dobbiamo assicurarci che la discrepanza tra GA e il database sia inferiore al 10% e che le transazioni contate in GA non siano mai superiori a quelle presenti nel database. Quando due condizioni non sono soddisfatte è probabile ci sia un errore nel tracking. 

Conclusioni

E con questo abbiamo terminato la carrellata dei macro controlli che è bene fare quando si lavora con analytics. Se hai dei dubbi e non sei sicuro dell’affidabilità dei tuoi dati, scrivici pure a hello@digitalpills.it 🙂 

30 Gennaio 2020

Il nuovo GTM server-side tracking

Oggi parliamo di GTM Server-Side e quali sono le differenze con il Client-Side.

La Superweek 2020 è stata un evento davvero incredibile. Non capita spesso di passare tre giorni immersi nei boschi ungheresi con le migliori menti dell’analytics mondiale, a parlare di tracking, analisi, data visualization e strategia. L’evento mi è piaciuto talmente tanto che non vedo l’ora di condividere con tutti i contenuti che ho trovato più interessanti nel webinar di giovedì prossimo. Se non lo hai fatto registrati adesso a questo link! Spoiler: parlermo di app+web, implementazione di analytics, data visualization e molto altro.

In questo post voglio però parlare di una BOMBA che hanno sganciato in anteprima per i partecipanti alla Superweek nientemeno che gli sviluppatori di Google Tag Manager, Brian Kuhn e Scott Herman. Si tratta di una novità che verrà rilasciata nel corso del 2020, con data ancora da definire. Di cosa stiamo parlando? Di Google Tag Manager lato server.

Se, come me, sei un utilizzatore abituale di questo strumento probabilmente hai avuto una piccola sincope. GTM, lo strumento client-side per eccellenza, si sposta sul server? Come è possibile, e perché? Cerchiamo di andare per ordine.

Come funziona GTM, un piccolo ripasso

Se già conosci alla perfezione GTM, puoi saltare questa sezione e passare direttamente alla successiva.

Google Tag Manager è uno strumento di tag management che – nella sua funzionalità di base - permette di gestire i tag di tracciamento e di advertising senza il supporto degli sviluppatori. Ad esempio, permette di inviare a Google Analytics un evento ogni volta che viene cliccato un link, oppure a Facebook un evento ogni volta che un cliente acquista un prodotto.
Per i più nerd, si tratta di una libreria javascript con un’interfaccia visuale.

Una cosa importante da notare è che GTM è sempre stato un strumento client-side, ovvero che “vive” sul dispositivo dell’utente. Questo significa che ogni volta che una persona visita un sito che utilizza GTM, anche TUTTO il relativo container viene caricato sul dispositivo, con possibili impatti sulla performance. Il “lavoro pensante” di invio dei dati ai vari sistemi è sempre demandato al dispositivo del visitatore.

Se ti interessa approfondire GTM e i suoi possibili usi, qui abbiamo un articolo per te.

La missione del team di sviluppo di GTM

Brian e Scott hanno iniziato la loro presentazione ricordando la missione del loro team: avere sempre al primo posto performance e sicurezza.

Come saprai, GTM è uno strumento molto potente ma anche pericoloso: se messo nelle mani sbagliate può rallentare o addirittura rendere inutilizzabile un sito web. Per questo ogni container ha una dimensione massima (200KB per la precisione) oltre la quale il container non può più essere pubblicato. Tra l’altro, se vuoi verificare quanto è grande il tuo container puoi farlo così (se usi Chrome, ogni browser è leggermente diverso):

  1. Apri una pagina web e clicca con il tasto destro su ispeziona;
  2. Clicca sulla scheda “Network”, quindi filtra per chiave “gtm” e cerca la riga dove viene caricato il container. Nella colonna size vedrai la dimensione totale del tuo container.

Con il proliferare dei pixel di terze parti (come Salesforce, Facebook, Google Ads, Criteo & co) il rischio che i container GTM diventino dei mostri incontrollabili è sempre più tangibile. Agenzie che non si preoccupano della performance (cosa saranno un paio di tag e custom JS variables in più?), dipartimenti marketing senza preparazione tecnica e freelancer improvvisati sono sempre dietro l’angolo. Troppo spesso abbiamo visto container con tag ridondanti, 10 tag sparati sullo stesso evento e un’infinità di custom trigger.

GTM server-side nasce proprio con l’intento di alleggerire la parte client (ovvero quella che sta sul browser degli utenti) e trasferire queste operazioni sul server.

Un altro grande miglioramento rispetto al passato è che, vivendo su un server, il container può ricevere dati da fonti diverse. Non solo siti web, ma anche app, dispositivi internet of things e molto altro.

Secret agenda, ovvero quello che non ci hanno detto

L’annuncio arriva in un periodo storico in cui è ormai chiaro che la guerra ai cookie di terze parti è cominciata, e dove le restrizioni dei browser su quello che può e non può essere fatto sono sempre più forti.

In quest’ottica spostare i tracciamenti lato server permette di “nascondere” quello che viene tracciato, rendendo impossibile per un utente sapere cosa viene registrato. Fino ad oggi è infatti relativamente semplice monitorare quali informazioni il proprio dispositivo invia ai vari servizi, ad esempio utilizzando la scheda network di Google Chrome.

A domanda specifica di un membro del pubblico gli sviluppatori di GTM hanno detto che il sistema non è pensato per aggirare i blocchi dei browser, e che secondo loro le aziende dovrebbero sempre rispettare la volontà degli utenti. Vedremo se sarà così (o forse no)…

Come funziona GTM server-side, in pratica

Brian e Scott hanno organizzato per gli ospiti della Superweek una demo live della durata di una decina di minuti, dove hanno mostrato in pratica come funziona questo nuovo tipo di container.

Come abbiamo detto, l’idea è quella di alleggerire il carico di lavoro lato client trasferendo alcuni dei processi sul server di proprietà del sito web.

A titolo di esempio hanno mostrato un sito di viaggi, dove è installato il “classico” container GTM client-side. Su questo container si può scegliere di installare ad esempio il tag pageview di Google Analytics, o tutto quello che si crede utile mantenere lato client. La scelta di lasciare il tag di pageview di Analytics è molto sensata perché questo ci permette di impostare automaticamente il clientId sul dispositivo del visitatore, che ci sarà utile per ricondurre le sessioni allo stesso utente.

Scott ha poi mostrato il nuovo container server, che all’apparenza è molto simile a quello a cui siamo abituati. L’idea è quella di inviare delle normali richieste HTTP dal sito al server, che poi si occuperà di inviare i dati ai vari servizi.

Potenziali rischi e difficoltà di GTM server-side

Ovviamente non è tutto oro quel che luccica. GTM server-side è sicuramente una grande innovazione, che permetterà a tutti noi web analyst di aprire nuove frontiere del tracking. Ma tutto questo si porta dietro diversi caveat. Vediamo i principali.

1 – Maggiore difficoltà di implementazione

Anche se a detta del team di GTM tutto è studiato per rendere più semplice possibile l’implementazione anche per le persone non tecniche, di fatto sarà necessario creare un’istanza server su GCP (Google Cloud Platform) o altro servizio – cosa che per gli utenti meno esperti potrebbe risultare complessa. Stando a quanto detto dal team di Google, questo processo dovrebbe richiedere non più di 30 minuti.

2 – Costi di gestione

Spostando tutto il “lavoro sporco” di invio dei dati al nostro server, invece che sui dispositivi degli utenti, di fatto sarà il proprietario del sito web a doversi accollare i costi di gestione. A quanto dovrebbero ammontare? Difficile dirlo con certezza, ma secondo quando ha detto Brian Kuhn in base a delle simulazioni condotte da Google su siti ad alto traffico il costo dovrebbe essere di circa €200 al mese.

3 – Gestione degli identificativi utente più complessa

Uno dei grandi vantaggi del tracking lato client è che si può conoscere l’identità dell’utente sfruttando un cookie salvato sul dispositivo. Il server non ha modo di riconoscere i visitatori: sarà quindi necessario realizzare dei sistemi più complessi per gestire gli identificativi utente. Vedremo come Google risponderà a questa necessità in modo da non renderci la vita troppo difficile.

4 – Meno trasparenza

Come abbiamo visto per inviare dati alle varie piattaforme sarà sufficiente inviare un segnale al server dove è ospitato GTM. Quello che succede dietro le quinte sarà impossibile da scoprire per il visitatore: un’azienda malintenzionata potrebbe quindi non rispettare il volere dell’utente e continuare a tracciarlo anche a sua insaputa.

5 – Rischio di spam

Teoricamente un utente malintenzionato potrebbe intercettare le richieste inviate dal client al server e di conseguenza “far girare” il container GTM. Questo è un rischio concreto, che si porterebbe come conseguenza non solo quella di sporcare i nostri dati (cosa che può avvenire anche oggi) ma anche quella di farci arrivare una bolletta molto salata dai gestori del server. Brian e Scott hanno garantito che stanno lavorando per evitare anche questo problema.

Sicuramente si tratta di una grande innovazione che non vediamo l’ora di provare, e tu cosa ne pensi?

Se vuoi una rapida guida riguardo a GTM server-side leggi questo articolo, e non esitare a contattarci se hai domande!

27 Gennaio 2020

[QUIZ] Sei Un Vero Esperto di Google Analytics?

Se pensi di essere un vero esperto di Google Analytics è arrivato il momento di mettere alla prova le tue conoscenze con il nostro quiz sul mondo dei dati per il marketing digitale completamente in italiano.

15 Novembre 2018

Come eliminare un account Google Analytics

Cosa imparerai in questo articolo

Hai un sito che non è più attivo ma il cui account è ancora su Google Analytics? Vuoi riordinare il tuo account Google Analytics e sbarazzarti finalmente delle proprietà che non usi più? Hai commesso degli errori in fase di set-up e vuoi eliminare la proprietà analytics con dati non corretti?
In passato abbiamo visto come creare un account di Google Analytics sia un'azione molto semplice; altrettanto semplice è l'eliminazione: in questo articolo vedremo tutti i passi di come fare per eliminare un account di Google Analytics.

Breve ripasso: struttura e gerarchia di un account Google Analytics

Il processo per l'eliminazione di account e proprietà di Google Analytics è molto semplice, ma richiede molta attenzione in quanto si tratta di un'azione irreversibile: dopo aver eliminato un account di un sito non potrai più usufruire dei dati storici e dei report relativi.
Al fine di individuare esattamente l'entità che vuoi eliminare, è bene rivedere velocemente la struttura e la gerarchia di Google Analytics.

Per accedere a Google Analytics devi disporre di almeno un account. L'account è il livello più alto del programma e ne è il punto di accesso. Un account può contenere una o più proprietà; una proprietà può essere un sito web o un'applicazione per dispositivi mobili. Infine una proprietà può avere una o più viste, il punto in cui gli utenti possono consultare i rapporti analytics.

Quando aggiungi una proprietà ad un account, Google Analytics genera il codice di monitoraggio univoco da utilizzare per raccogliere i dati relativi a tale proprietà: questo pezzo di codice JavaScript può essere aggiunto direttamente all'HTML di ogni pagina del tuo sito o indirettamente usando Google Tag Manager.
Proseguendo nel corso dell'articolo vedremo come eliminare un account (con tutte le relative proprietà e viste) e come eliminare una proprietà (lasciando attivo quindi l'account, popolato con le eventuali proprietà e viste rimanenti).

Eliminare un account Google Analytics

Condizione necessaria per eliminare un account di Google Analytics è possedere l'autorizzazione utente di tipo modifica a livello di account. Se abbiamo verificato di poter procedere possiamo seguire i seguenti passi:

  • accedere a Google Analytics;
  • cliccare su Amministratore (nella schermata di accesso, in basso a sinistra);
  • nella colonna di sinistra, quella relativa all'account, selezioniamo dal menù a tendina l'account che vogliamo eliminare; (se abbiamo solo un account, è già selezionato automaticamente);
  • sempre nella colonna dell'account, clicchiamo su Impostazioni account;
  • clicchiamo in alto a destra sul tasto che dice Sposta nel cestino.

Ecco fatto. Il tuo account, tutte le proprietà e tutte le viste contenute in esso verranno eliminate in maniera permanente entro 35 giorni. Considera attentamente che, una volta eliminato definitivamente un account, non sarà più possibile richiamare dati storici o reimpostare i tuoi report.

Eliminare una proprietà Google Analytics

Così come abbiamo visto per l'account, anche per l'eliminazione di una proprietà di Google Analytics è necessario possedere l'autorizzazione utente di tipo modifica. Se abbiamo verificato di poter procedere possiamo seguire i seguenti passi:

  • accedere a Google Analytics;
  • cliccare su Amministratore (nella schermata di accesso, in basso a sinistra);
  • nella colonna centrale, quella relativa alla proprietà, selezioniamo dal menù a tendina la proprietà che vogliamo eliminare (se abbiamo una sola proprietà, è già selezionata automaticamente);
  • sempre nella colonna della proprietà, clicchiamo su Impostazioni proprietà;
  • clicchiamo in alto a destra sul tasto che dice Sposta nel cestino;
  • apparirà una pagina in cui viene richiesta una ulteriore conferma, come ultimo punto non ci resta che cliccare su Elimina proprietà.

A questo punto la proprietà e tutte le viste sotto di essa sono state spostate nel cestino. Il cestino è uno spazio temporaneo dove risiedono tutte le entità indicate per l'eliminazione. L'eliminazione permanente e irreversibile avverrà 35 giorni dopo lo spostamento nel cestino. In questi 35 giorni è possibile ripristinare qualsiasi vista, proprietà o account (semplicemente recandosi nel cestino e applicando l'azione di ripristino).

Conclusioni

Come hai potuto vedere l'eliminazione di un account Google Analytics è un'operazione che richiede pochi e intuitivi passaggi. Occorre però sottolinearne ancora una volta le conseguenze: è necessario avere chiaro che dopo 35 giorni avviene l'eliminazione definitiva e i dati non saranno recuperabili in alcun modo. Un altro punto su cui porre la nostra attenzione è il fatto che chiunque possieda un account con autorizzazione di tipo modifica può procedere all'eliminazione di account e proprietà: spesso e volentieri è bene dunque fornire accessi in modalità lettura (che non permette una serie di operazioni delicate come l'eliminazione).
L'eliminazione di una proprietà analytics è un'azione molto utile per fare una pulizia efficace e riordinare il tuo account, ad esempio nel caso in cui continui a visualizzare domini obsoleti o siti che non sono più tra i tuoi clienti. Se invece hai eliminato il tuo account Google Analytics e ora hai intenzione di ripartire con un nuovo progetto e un nuovo sito, ti consigliamo di seguire gli step di questa guida che spiega come installare e configurare correttamente un nuovo account Google Analytics.

8 Novembre 2018

Instagram Analytics: come funziona e come richiedere l’accesso

In questo articolo parliamo di Instagram Analytics: cos'è, come funziona e come richiederle l'accesso.

Instagram è senza dubbio il social network del momento; non sorprende quindi che sempre più aziende stiano cercando di sfruttare la piattaforma per promuovere i propri prodotti e servizi. Fino ad oggi era però difficile raccogliere dati approfonditi sulle interazioni con il proprio account Instagram.

È vero, esisteva un pannello di Insights - ma il confronto con il pannello di Facebook Analytics era impietoso. Per questo con una nota ufficiale del 1 novembre Facebook ha annunciato il rilascio del pannello di Instagram Analytics.

Come funziona Instagram Analytics


I dati che fino ad oggi venivano forniti dalla piattaforma si limitavano alle interazioni con i contenuti e le Storie pubblicate, ma non fornivano un'immagine chiara del customer journey lungo tutto il funnel.

Eppure, Instagram è uno strumento chiave per moltissime aziende: basti pensare su oltre 1 miliardo di account attivi, l'80% segue almeno un brand (fonte: dati interni di Instagram). Questo significa che più di 800 milioni di persone nel mondo non si limitano a seguire Cristiano Ronaldo o l'ultima fashion victim, ma vedono nei loro wall le notizie da aziende a cui sono affezionati.

Il pannello di Instagram Analytics rappresenta uno sforzo ulteriore da parte di Facebook nella direzione di fornire una visione davvero omni-channel degli utenti. Rispetto a Google Analytics può infatti contare su un tracking user-based molto più raffinato: chi non effettua l'accesso a Facebook sia da mobile che da desktop? Il nuovo pannello di Instagram Analytics permette di rispondere a domande come:

  • Le persone che interagiscono con il mio account Instagram acquistano anche i miei prodotti?
  • Su 1000 persone che visitano il mio sito quante sono anche follower di Instagram?
  • Chi commenta o mette "mi piace" alle foto su Instagram è anche un cliente più affezionato?

I dati di Instagram saranno consultabili all'interno di qualsiasi report esistente all'interno di Facebook Analytics. Ad esempio, sarà possibile creare un funnel che includa come punto di partenza una interazione su Instagram, per continuare poi su specifiche azioni sul sito come la visualizzazione o l'acquisto di un prodotto.

Sarà finalmente possibile rispondere a domande come: vale la pena pagare migliaia di euro Chiara Ferragni per una suo foto con gli ultimi collant di Intimissimi? Qual è l'effettiva ricaduta sul mio business?

Come richiedere l'accesso a Instagram Analytics

Al momento in cui scriviamo (8 novembre 2018) la funzione è ancora in fase di test: è possibile richiedere l'accesso compilando il form presente a questo link. Secondo la nota ufficiale di Facebook, i dati di Instagram saranno consultabili all'interno del pannello di Facebook Analytics nei prossimi mesi. Ci aspettiamo che questa novità sarà disponibile per il grande pubblico nel primo trimestre del 2019.

25 Ottobre 2018

Cos’è una dashboard?

Questo articolo spiega che cos'è una dashboard e che ruolo hanno questi strumenti nel processo di digital analytics. Comprendere la loro funzione aiuta anche a capire come strutturarle e come organizzare i dati al loro interno.

Che cos'è una dashboard?

Una dashboard è un report interattivo che si aggiorna in tempo reale e che permette di visualizzare dati provenienti da diverse fonti.

Rappresentano uno dei principali output del processo di digital analytics. Infatti, una volta configurato, correttamente il sistema di tracking, una delle azioni più incisive che si può fare è la realizzazione di una dashboard per visualizzare i dati.

Se vuoi scoprire come realizzare delle dashboard perfette, lo abbiamo spiegato in questo articolo.

Qual’è il vantaggio rispetto a guardare i dati direttamente su Google Analytics?

Il vantaggio è semplice: facilita la comprensione.

Infatti il problema più sottovalutato di google analytics è la presenza di un eccessivo numero di grafici, tabelle e scorecard, che spesso confondono l’utilizzatore e lo distolgono dal focalizzarsi sui punti chiave.

Una dashboard invece consente all’utilizzatore di mettere a fuoco le metriche fondamentali ed eventuali problemi/opportunità. In questo modo sarà più semplice trasformare i dati in informazioni e, di conseguenza, in azioni pratiche.

In sintesi, la dashboard ha un duplice ruolo:

1. Fornire insight informativi, quindi permettere all’utilizzatore di tenere sotto controllo con un'occhiata il proprio business e di conseguenza prendere decisioni informate,

2. Facilitare il primo step del processo decisionale, ovvero l’identificazione di un problema/opportunità.

Che caratteristiche deve avere?

Per raggiungere questi scopi la dashboard deve avere alcune caratteristiche importanti:

1. Deve essere personalizzata, cioè deve essere pensata in base alle esigenze dell’utilizzatore.

All'interno di un'azienda ciascun ruolo ha un campo d'azione e degli obiettivi specifici. La dashboard deve tener conto di queste differenze: se il destinatario lavora nel dipartimento marketing e il suo obiettivo è l'ottimizzazione del sito e l'aumento del tasso di conversione delle pagine, allora il contenuto della dashboard dovrà arrivare ad un certo livello di dettaglio. Magari conterrà KPIs di specifiche pagine o il flusso di click sulle CTA più importanti.

Diverso è se il destinatario è un manager che ha bisogno di una visione di insieme e di informazioni di alto livello. In questo caso la dashboard è più utile se contiene informazioni meno dettagliate, come ad esempio il trend del tasso di conversione del sito.

2. Deve essere essenziale, ovvero le informazioni al suo interno non devono essere più del necessario.

L’obiettivo è quello di rendere la comprensione il più semplice possibile per l'utente e questo significa non sovraccaricarlo di informazioni. 

3. Le metriche devono avere un contesto. Senza un contesto è difficile trarre delle informazioni utili dai dati, anzi si rischia di generare ancora più confusione e dubbi nella testa di chi li legge.

Ci sono diversi metodi per presentare il contesto. Un primo metodo è l’utilizzo di benchmark, che possono essere interni o esterni (ad esempio la media di mercato). In questo modo viene dato uno strumento a chi riceve il report  per valutare se la metrica che ha davanti è indice di una buona o cattiva performance.

In generale bisogna pensare che la dashboard deve essere uno strumento utile per chi la riceve, che solitamente non è un tecnico. L’analista infatti per condurre le analisi non userà la dashboard, ma Google Analytics o altri database… La dashboard ha l’obiettivo di trasformare i dati in informazioni fruibili da utenti non tecnici. Anche per raggiungere questo obiettivo ci sono diversi metodi. Uno tra tutti che funziona particolarmente è strutturare la dashboard nel seguente modo: 

La struttura domanda / risposta -tramite grafico o metrica- facilita la comprensione e aiuta chi legge i dati a focalizzarsi su ciò che il grafico vuole comunicare.

Conclusioni

Le analisi più complesse e difficili del mondo sono inutili se i risultati non vengono capiti da chi poi prende le decisioni. Presentare i risultati in un modo accattivante e intuitivo serve a far si che i dati vengano utilizzati in qualche modo. Le dashboard hanno un piccolo ruolo in questo scenario. Come suggerisce la value proposition di Data Studio (un popolare strumento gratuito per la realizzazione di dashboard interattive), le dashboard sbloccano il potere dei dati e permettono a chi le utilizza di prendere decisioni più informate. 

Se vuoi approfondire, noi abbiamo realizzato un corso completo sulla Data Visualization, dove imparerai tutto quello che c'è da sapere non solo sulle dashboard, ma sul mondo della visualizzazione dei dati in generale.

Per ora noi speriamo di averti spiegato bene che cos'è una dashboard, se hai domande non esitare a scriverci!

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